Smart working: la risposta delle aziende all’emergenza coronavirus

(Immagine:: Shutterstock / LStockStudio)

Negli ultimi tempi, e con l'inizio della fase 2, lo smart working ha rappresentato un valido rimedio al blocco produttivo imposto dalla pandemia di coronavirus. Purtroppo, però, molte aziende devono fare i conti con una parte dei dipendenti che non dispone delle attrezzature necessarie per poter lavorare in remoto da un luogo diverso dal proprio ufficio. Dunque, è opportuno che le aziende seguano alcune linee guida per permettere ai dipendenti di lavorare da casa nel migliore dei modi.

Nello specifico, abbiamo individuato i cinque punti salienti che le aziende dovrebbero considerare all’atto di avviare un sistema produttivo basato sullo smart working. 

Tecnologia e connettività

L’utente che di solito utilizza un potatile aziendale è certamente avvantaggiato nel lavorare da casa rispetto al lavoratore tradizionale, che non può fare a meno del PC fisso presente in ufficio.

L’azienda può decidere di seguire diverse strade per mettere il dipendente nelle migliori condizioni possibili per poter lavorare da casa:

i) Dotare gli utenti di un portatile aziendale, fornito dal reparto IT 

ii) Consentire agli utenti di utilizzare i propri dispositivi elettronici per accedere a un hub virtuale comune

iii) Consentire agli utenti di utilizzare i propri dispositivi elettronici per connettersi in remoto direttamente al PC fisso in ufficio

iv) Consentire agli utenti di installare software aziendale direttamente sui propri dispositivi (scelta non consigliabile)

Tuttavia resta un altro problema da risolvere, ovvero quello legato alla connessione alla rete Internet: chi dispone della banda larga può accedere a una VPN aziendale, ma chi ne è sprovvisto dovrebbe ricevere dall’azienda la strumentazione necessaria per connettersi almeno a una rete 4G.

Si tratta di un aspetto da non sottovalutare, in quanto è di fondamentale importanza tenere riunioni aziendali in videoconferenza attraverso l’uso di soluzioni software di collaborazione e messaggistica come Microsoft Teams o Slack. Inoltre, la connettività è un tema centrale anche in termini di comunicazione con il cliente; i dipendenti che non hanno in dotazione un telefono aziendale potrebbero effettuare chiamate di lavoro con il proprio smartphone, esponendosi al rischio di incorrere in fatturazioni che dovrebbero essere a carico dell’azienda e in eventuali violazioni delle normative sulla privacy.

Una soluzione a questo problema potrebbe essere rappresentata dall’utilizzo di un "softphone" VoIP (Voce tramite Protocollo Internet), un servizio basato su cloud che utilizza la rete Internet per veicolare le chiamate. L’utente può effettuare chiamate in remoto dal proprio portatile tramite l’utilizzo di un semplice auricolare, come se si trovasse fisicamente in ufficio. Purtroppo, si incorre nell’effetto collaterale di frequenti cadute di linea, a meno che non si instauri una conversazione su rete locale (attività alquanto improbabile). Nell’ultimo periodo l’infrastruttura Internet è alle prese con la gestione di un traffico di gran lunga superiore al normale e ciò rappresenta un ulteriore fattore di ostacolo alla qualità delle chiamate VoIP.

Software

Una volta risolti i problemi sopra citati, l’utente può utilizzare un PC per effettuare e ricevere chiamate. Molte aziende si affidano a Office 365, un software che permette di aumentare il tasso di produttività offrendo diversi servizi, come l’accesso alla casella di posta elettronica, l’utilizzo di programmi di videoscrittura e la condivisione di documenti. 

Tuttavia, una buona parte delle aziende fa uso di applicazioni proprietarie che, il più delle volte, non sono facilmente eseguibili su una rete diversa da quella aziendale. Dunque, è fondamentale poter creare una connessione remota con un PC presente fisicamente in ufficio, che si occupi di tali programmi; questa operazione però potrebbe risultare ostica per i dipendenti meno esperti o per coloro che hanno poca dimestichezza con la tecnologia.

Predisposizione allo smart working  

Si è passati rapidamente da uno scenario aziendale in cui il 10-20% del personale è solito lavorare da casa a uno in cui la totalità dei dipendenti è costretta a lavorare in smart working per poter adempiere le proprie mansioni. Il più delle volte, la tecnologia di cui si dispone presso il proprio domicilio (router, firewall, VPN) non è adatta per poter svolgere adeguatamente determinati tipi di occupazione.

Inoltre, il cattivo funzionamento della rete Internet non è imputabile né all’azienda né al dipendente: d’altronde viviamo in un mondo in cui tutti condividiamo la medesima rete; così come il traffico autostradale nelle ore di punta risente negativamente di una miriade di utenti che vanno tutti nella stessa direzione contemporaneamente, creando grandi colli di bottiglia, anche la velocità e la qualità delle connessioni in banda larga è sensibile all’alto traffico generato. Le applicazioni che consentono l’interconnessione tra utenti diversi dovrebbero essere in grado di minimizzare la larghezza di banda utilizzata, per cercare di limitare il problema. 

Ambiente lavorativo

Non dimentichiamo che c’è anche un fattore sociale da non sottovalutare: molti lavoratori non hanno a disposizione uno spazio nelle proprie case in cui poter lavorare comodamente e lontano da fonti di distrazione; basti pensare ai più giovani “fuori sede” che vivono nelle grandi città, spesso in appartamenti condivisi con altre persone. 

Facendo un pratico esempio, il direttore generale di un’azienda può svolgere i propri compiti comodamente dal proprio ufficio privato di casa, mentre i dipendenti sono spesso appollaiati su una scrivania o sul tavolo della cucina. Tale condizione è accettabile per dare un rapido sguardo alle mail dopo cena, ma non può diventare uno standard per i lavori che richiedono un impegno di otto ore ogni giorno.

Le imprese hanno un obbligo di salute e di sicurezza nei confronti del proprio personale, indipendentemente dal luogo in cui esso eserciti le proprie mansioni lavorative. In ufficio, i dipendenti hanno a disposizione sedie particolari, schermi anti-radiazioni, ecc. Dunque, è consigliabile che ognuno di noi faccia un rapido quadro della situazione, valutando adeguatamente il livello di comfort del proprio “ufficio domestico”.

Privacy e sicurezza 

 

Fin dagli albori del nuovo millennio, le varie normative sulla privacy hanno conosciuto un notevole sviluppo in tutto il mondo. Per questo, c’è da porsi una domanda: lo smart working è conforme a tali leggi? Dopotutto abbiamo riscontrato che i dipendenti sono costantemente oggetto di supervisione dall’azienda.

Basti pensare a un qualunque dipendente intento a ospitare videoconferenze o accedere ai dati aziendali, personali e finanziari dal proprio PC di casa, magari in un ambiente condiviso con altre persone. È evidente come il fattore sicurezza non possa essere garantito in uno scenario simile. 

I casi enunciati in precedenza non coinvolgono la totalità dei lavoratori in smart working, ma molte aziende riconoscono che un’eventuale violazione della privacy potrebbe avere conseguenze pericolose e, quindi, adottano alcune misure di prevenzione, come:

· Password di accesso per tutti i dispositivi

· Autenticazione a due fattori per tutte le applicazioni 

· Crittografia di tutti i dischi rigidi

· Blocco del dispositivo se una password errata è inserita più volte 

· Disconnessione o blocco automatico dei dispositivi dopo un certo periodo di inattività

· Abilitazione della cancellazione dei dati in remoto 

Il governo italiano è al lavoro per pianificare la fase successiva di risposta all'emergenza, ma le aziende si sono già adoperate per assicurare la continuità operativa. Al momento, lo smart working sembra la soluzione più immediata e attuabile, ma molti sono dell’idea che non sempre la strada più ovvia corrisponda a quella più sicura da percorrere.

Valerio Del Vecchio

Valerio Del Vecchio is an Editor at TechRadar.