Greenwashing: le aziende vorrebbero essere più ecologiche, ma ci riescono?
Siamo tutti green... a parole.
Se avete mai messo piede nel bagno di un hotel, vi sarà sicuramente capitato di sorbirvi l’ormai immancabile reprimenda sullo smaltimento responsabile della biancheria: lasciate a terra i vostri asciugamani solo quando sono veramente sporchi, recitano i cartelli in solidissima plastica appesi nelle camere, perché in questo modo ridurrete l’impatto ambientale del lavaggio della biancheria.
Se vi siete trovati in una situazione del genere, probabilmente vi sarete anche chiesti: ma sarà vero? Si tratta veramente di un invito a essere tutti più ecologici, o è solo un mero escamotage economico dell’azienda per risparmiare sui lavaggi?
Sappiate che è un discorso che non riguarda soltanto la stanza d’albergo, ma che si estende anche al settore dell’industria e di certe (insospettabili) multinazionali.
Un recente studio ha rilevato che la maggioranza delle aziende considera la sostenibilità un obiettivo chiave del proprio operato, ma molte di esse non si sentono sicure su come agire o persino misurare i propri sforzi ecologici.
Google Cloud ha intervistato 1491 dirigenti in 16 paesi EMEA sulle loro pratiche di sostenibilità, con il 90% dei leader che ha descritto le iniziative ESG (Environmental, Social and Governance) come una priorità assoluta della propria organizzazione.
Tuttavia, gli investimenti sulla sostenibilità dichiarati dagli intervistati si sono rivelati tra i più bassi del bilancio aziendale, soprattutto in proporzione al prestigio del marchio. In altri termini, le aziende che starebbero concretamente allocando risorse verso gli obiettivi della sostenibilità costituirebbero solo il 9% del campione totale.
Nell’ambito della sostenibilità, il divario tra il dire e il fare ecologico ha un nome preciso: greenwashing. Si tratta di un termine coniato nel 1986 dall’ambientalista statunitense Jay Westerveld per identificare tutte quelle pratiche con cui un’azienda “lava” via i propri peccati morali blaterando slogan sulle proprie presunte politiche ecosostenibili.
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Le industrie che praticano il greenwashing, o ecologismo di facciata, si impegnerebbero a fornire un’immagine aziendale sensibile alle questioni ambientali al solo scopo di deviare l’attenzione dagli eventuali difetti dei loro prodotti.
Uno dei casi più recenti di greenwashing (procedimento ancora in corso) è quello della Hefty, azienda americana di prodotti domestici che nel maggio 2021 è stata citata in giudizio per aver affermato di produrre sacchetti adatti a tutti i tipi di rifiuti riciclabili. Stando all’accusa, non solo questi prodotti non riducevano in alcun modo l’impatto ambientale, ma finivano per essere ancora più inquinanti delle altre varianti sul mercato.
La lista dei furbacchioni del greenwashing è lunga e coinvolge aziende di ogni tipo, dal settore automobilistico a quello alimentare, passando non in ultimo per quello del tabacco e dei parchi acquatici. L’atteggiamento di fondo però rimane il medesimo: il ricorso ad una facciata ecologica come strategia di deresponsabilizzazione dalla cattiva qualità di un prodotto o come incentivo morale al suo acquisto.
Come afferma Google, la ricerca avrebbe confermato il “preoccupante divario” tra quanto bene le aziende pensano di fare e quanto si impegnino concretamente nell’attuazione tali propositi.
Tra tutti gli intervistati, solo il 36% ha dichiarato che “le proprie organizzazioni dispongono di strumenti di misurazione adatti a quantificare i propri sforzi in termini di sostenibilità”. Per non parlare del fatto che soltanto il 17% “utilizza tali misurazioni per ottimizzare i propri risultati” a favore dell’ambiente.
Senza gli strumenti adeguati, tracciare accuratamente gli obiettivi di sostenibilità è estremamente difficile. E questi strumenti hanno dei costi. I dirigenti del sondaggio hanno detto di essere consapevoli di quanto, oggi più che mai, la questione ambientale sia delicata e importante, manifestando la loro volontà di cambiare le cose.
Ironicamente però, e fino a prova contraria, questi buoni propositi finiscono per ricalcare l’essenza stessa del greenwashing: tante (belle) parole, pochi fatti.