Call of Duty: Warzone è il battle royale pronto a competere con Fortnite e Apex Legends

(Immagine:: Call of Duty)

Malgrado manchi l’ufficialità di un comunicato stampa da parte di Activision, pare che presto il brand di Call of Duty potrà godere di un nuovo spin-off dedicato al genere battle royale. Il grande pubblico ha infatti avuto modo di avere un assaggio del nuovo progetto del publisher videoludico statunitense tramite una trasmissione in diretta dello streamer Chaos, nella quale, durante la giornata di ieri, è stato mostrato per la prima volta Warzone. 

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Durante gli 11 minuti di trasmissione online mandata in onda su YouTube, descritti dallo streamer come “un’anteprima esclusiva del gameplay del gioco”, Warzone è stato presentato come un videogioco free-to-play appartenente al genere battle royale, ovvero la sempre più apprezzata tipologia di videogiochi sparatutto in cui un gruppo di giocatori in rete, messi sotto pressione da un’arena in restringimento, deve competere e sopravvivere fino alla decretazione di un unico vincitore.

La particolarità del nuovo progetto di Activision risiede nel numero di partecipanti a ogni sessione di gioco: ben 150 utenti attivi in un’unica partita, contro i 100 di Fortnite di Epic Games e i 60 di Apex Legends di Electronic Arts.

A detta dello streamer (che nel frattempo ha privatizzato la trasmissione di ieri), Warzone potrà annoverare la presenza di veicoli con i quali spostarsi velocemente sulle mappe, ma anche mezzi corazzati come carri armati; secondo le intenzioni di Activision, anche il classico concetto di “respawn”, ovvero il tornare in vita sulla mappa dopo essere stati sconfitti, verrà ampliato: il videogioco introdurrà infatti i “gulag”, ovvero mappe separate in cui i giocatori sconfitti sul campo saranno tenuti prigionieri e dalle quali potranno tentare un’ultima disperata fuga prima di incorrere nella classica schermata di game over.

Chi riuscirà ad evadere da queste carceri digitali potrà, insomma, tornare a calcare i passi di un soldato qualunque, sperando di riuscire ad emergere vincitore nella spietata competizione che definisce, fin dai suoi primi vagiti, il genere videoludico dei battle royale. 

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Non si può comprare la felicità

Bisogna ricordare che esiste già una modalità battle royale legata al franchise Call of Duty, più precisamente la modalità di gioco “Blackout” vista all’interno di Call of Duty: Black Ops 4, titolo pubblicato nel 2018 per PS4, PC e Xbox One.

La differenza fra questo precedente e il nuovo Warzone è che quest’ultimo non dovrebbe richiedere alcun acquisto e non sarà quindi legato indissolubilmente al recente Call of Duty Modern Warfare, lanciato solamente lo scorso ottobre; ovviamente è legittimo aspettarsi che la formula free-to-play venga supportata da un gran numero di microtransazioni legate a contenuti estetici e secondari, un po’ come il ben più noto Fortnite. 

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(Image credit: Infinity Ward)

Warzone, inoltre, riproporrà una meccanica già vista, seppur in vesti leggermente differenti, nello sfortunato (e ormai fuori produzione) titolo free-to-play Radical Heights di Boss Key Productions: inanellando un buon numero di uccisioni consecutive senza essere stati feriti mortalmente dagli avversari si potrà guadagnare e successivamente investire una speciale valuta per poter accedere ad azioni speciali o armi dalla potenza inaudita.

Sul fronte mappe, invece, sappiamo già da ora che la nuova produzione Activision sfoggerà un buon numero di arene apprezzate nei capitoli passati, come Broadcast, Overgrown, Terminal, ma anche ambientazioni del tutto originali sviluppate in esclusiva, magari tenendo in conto il numero piuttosto importante di giocatori impegnati in ogni partita.

Sulla carta le promesse sono tante, ma le buone intuizioni dietro allo sviluppo di Call of Duty Warzone potrebbero incontrare la sfiducia dei giocatori già fidelizzati ai grandi marchi del genere battle royale: non si può di certo dire che Activision sia stata fra le prime software house ad interessarsi alla crescente popolarità di questo genere videoludico.

Inoltre l’idea di accogliere 150 giocatori a partita potrebbe rendere i tempi di attesa fra una sessione e l’altra molto più lunghi di quanto non ci si aspetti da un moderno videogioco online votato al multiplayer competitivo. Dubbi più che legittimi, ma bisogna comunque riconoscere che questo celebrato marchio di videogiochi sparatutto ha saputo dimostrare di essere ancora estremamente popolare malgrado il passare degli anni.

Via ArsTechnica

Majkol Robuschi

Majkol Robuschi is the founder and chief editor at Geekgamer.it. 


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