Facebook e la "cura per il cancro". Proprio non ce la fanno a fare le cose per bene

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(Immagine:: 123RF)

Sembra proprio che Facebook non riesca ad imparare la lezione. Ma d'altra parte non potrebbe nemmeno volendo, e lo stesso vale per Google (Youtube), TikTok, Twitch... e bene o male chiunque nel mondo guadagni del denaro dalla circolazione di informazioni. 

Anche se quelle informazioni sono false. Anche se quelle informazioni sono pericolose. Anche se quelle informazioni riguardano "cure per il cancro" inefficaci e forse dannose, il cui unico beneficio riguarda le tasche di chi le spaccia per rimedi miracolosi.

Facebook si era impegnata a prendere iniziative concrete per impedire la circolazione di fake news, in particolar modo in tema sanitario. E magari si poteva persino pensare che ci avrebbero pensato sul serio, dopo lo scandalo di Cambrydge Analytica. Ma Cambrydge Analytica interessò a pochi, all'epoca, e ancora meno oggi ricordano di che si tratta. 

Così, in casa Facebook forse si sono distratti, e cliniche con pochi scrupoli hanno comprato annunci e sono riusciti a promuovere i loro "rimedi anti cancro". Cure miracolose ma, guarda un po', per averle bisogna raggiungere paesi con leggi un po' meno rigide in tema di salute. 

Una volta, se non altro, i ciarlatani dovevano andare per strada a vendere la loro robaccia, doveva venire sotto casa tua e sgolarsi. Potevano ingannare qualcuno, ma di certo non potevano raggiungere decine di migliaia di persone spendendo poche decine di euro. Per dar loro tale potenza di fuoco, ci voleva Facebook. 

Meta, la società che controlla Facebook, è intervenuta a posteriori: dopo che un giornalista della rivista del MIT ha segnalato annunci contrari alle regole, le pubblicità sono state rimosse. Alcune almeno, ma non è chiaro se sono tutte.  

Già, ma intanto gli annunci erano passati e avevano raggiunto decine di migliaia di persone. Il che è davvero notevole, perché Facebook e altre aziende hanno algoritmi di una precisione chirurgica, che possono bloccare un video se per caso un bambino, sullo sfondo, canticchia una canzone protetta da copyright.

Eppure, e qui è quasi miracoloso , se in una pubblicità c'è scritto "cancro", non scatta nessun allarme; gli algoritmi proprio non riescono a individuare a priori problemi di questo tipo. Uno potrebbe pensare che individuare una parola di sei lettere sia facile per un algoritmo, ma forse tutta la potenza è impegnata a fare qualcos'altro. Che so, escogitare nuovi modi per vendere aria fritta sul metaverso? O magari inventarsi sistemi che creino più dipendenza nei giovanissimi, così da competere meglio con TikTok? O forse quelli che fanno queste pubblicità hanno trovato un qualche sistema super raffinato per ingannare gli algoritmi? 

O forse c'è una spiegazione più semplice, così semplice che il vecchio Occam uscirebbe dalla tomba per festeggiare: quelli che diffondono false cure hanno soldi da spendere, e quelli che vi si oppongono invece no. E a Meta i soldi piacciono più di ogni altra cosa. 

E i social network alla fine sono sempre la stessa roba: si fa passare la qualunque finché qualcuno non si lamenta. E quando succede, aspetta un attimo, facciamo due conti e vediamo se conviene "censurare" o lasciar correre. 

E non è che guardando altrove le cose cambino. In un vecchio film, Fight Club, a un certo punto il protagonista spiega come la sua azienda decida se ritirare un'auto difettosa, che molto probabilmente ucciderà gli occupanti. Se risarcire le vittime costa meno che ritirare le auto, non la ritiriamo. Il che è l'estrema e perfetta sintesi del rapporto tra noi consumatori e tutte le aziende a cui ci rivolgiamo. 

Sì, proprio tutte: vorrei dirvi che è solo Meta ad essere brutta e cattiva, ma invece posso solo dirvi che tra le eccezioni che conosco, nessuna è davvero rilevante (probabilmente perché non pensano abbastanza a fare soldi) 

Chiaro e semplice.  I social network ci raccontano e ci racconteranno sempre che loro non vogliono assumersi il ruolo di editori, che bisogna rispettare la libertà di parola, che è una questione di democrazia. E quando capitano situazioni come queste, cancellare i posto dopo serve comunque per costruire e rafforzare la narrazione, al centro della quale ci sono aziende di buon cuore, impegnate per il nostro benessere. 

Io, abbiate pazienza, proprio non riesco a crederci. Forse, a ben guardare, sono più propenso a credere a una cura miracolosa per il cancro; il che, mi rendo conto, è tutto dire. 

Via: MIT Technology Review
Immagine di copertina: 123RF

Valerio Porcu

Valerio Porcu è Redattore Capo e Project Manager di Techradar Italia. È da sempre ossessionato dai gadget e dagli oggetti tecnologici che cambiano la nostra vita quotidiana, e dai primi anni 2000 ha deciso di raccontarla. Oggi è un giornalista con anni di esperienza nel settore tecnologico, e ha ancora la voglia di trovare le chiavi di lettura giuste, per capire davvero in che modo la tecnologia può rendere migliore la nostra vita quotidiana.