Elden Ring è bellissimo ma Bloodborne ha qualcosa in più
Elden Ring non ha l’intensità opprimente di Bloodborne
Elden Ring è la rivelazione dell’anno, ma non solo. È raro che un gioco si imprima sui social media con una simile incisività ed è chiaro che parleremo dell’ultima fatica di FromSoftware ancora a lungo.
L’hype che ha circondato l’attesissima uscita del gioco si è rivelato più che meritato. Non per nulla, nella sua recensione per TRG, Sam Greer ha assegnato a Elden Ring il massimo dei voti, una scelta indiscutibile visto il successo epocale del gioco. È un titolo che richiede assolutamente di essere giocato, anche da chi non è un fan storico dei Soulsborne.
Detto questo, c’è qualcosa nella sua formula che sembra diversa dai precedenti giochi FromSoftware. Nel passaggio ad un ambito (di giocabilità, mappa, funzioni e occasioni) notevolmente più esteso dei mondi Soulsborne, qualcosa in Elden Ring sembra essere andato perso.
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La brutalità di Bloodborne
A mio parere, Bloodborne (2015) rimane l’apice delle produzioni FromSoftware. Benché le sue opzioni di costruzione e gioco non siano limitate come in Sekiro: Shadows Die Twice (2019), Bloodborne pone a tutti i giocatori la medesima richiesta: siate aggressivi.
Pur offrendo una buona gamma di armi, il gioco vi incoraggia a buttarvi nella mischia del combattimento, riducendo al minimo la distanza fisica tra voi e i vostri nemici.
Come in altri titoli del genere, la quantità di risorse curative è limitata. Tuttavia, Bloodborne ha un interessante sistema di “risarcimento”, che vi consente di recuperare la salute persa infliggendo immediatamente danni agli avversari.
In questo modo, esporsi al combattimento diventa paradossalmente una strategia sicura. Invece di subire colpi a distanza che vi impediranno di recuperare parte dei vostri PV, Bloodborne vi sprona a colpire il più possibile tutto ciò che vi capita a tiro.
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È un sistema feroce che premia chi è abbastanza coraggioso da rimanere corpo a corpo con i propri nemici.
Elden Ring, d’altro canto, è pieno zeppo di stili di combattimento e armi: lance, incantesimi, archi e frecce, enormi arnesi a due mani, fruste a doppia impugnatura e così via. Insomma, potete adottare lo stile che preferite, senza curarvi troppo di apparire a volte... ridicoli.
Questa infinita possibilità di scelta è un aspetto fantastico del gioco, e ne fa un titolo molto più accessibile. Eppure, la troppa scelta rischia anche di farvi perdere quella sensazione di immediatezza e compattezza che è invece tipica di Bloodborne, e che rende l’esperienza di gioco molto più intensa.
Ogni giocatore deve superare gli stessi ostacoli in un numero limitato di modi. Al contrario della sandbox aperta di Elden Ring, il mondo intimo, chiuso e perturbante di Bloodborne è un percorso ad ostacoli notevolmente più impegnativo e brutale.
Delizie gotiche
Questa dinamica si manifesta anche in altre aree del design di Bloodborne. Il mondo di Elden Ring è vasto, ma anche ampio. Ha cime innevate, una grande capitale, colline placide, dungeon oscuri, laghi fetidi, giardini da sogno e molto altro ancora.
Elden Ring vi propone biomi di diversissimo genere e perfettamente adattati alla struttura di un mondo fantastico altrettanto complesso.
Bloodborne, al contrario, vi dà la sensazione di svolgersi per lo più in un unico, ricorrente luogo. È tentacolare e variegato, ma sembra incastonato nella città di Yharnam e nelle sue aree limitrofe. Questa prospettiva più micro aiuta non poco l’esecuzione complessiva, trasmettendo l’idea di una visione chiusa, confinata in un luogo tanto vissuto quanto cupo.
La visione artistica del titolo beneficia anche del tema gotico vittoriano, spinto da FromSoftware ai suoi estremi. Vampiri, bestie velenose, donne che si trasformano in cagnacci di grossa taglia, lupi mannari, folle armate di torce… tutto sembra meravigliosamente tangibile. Tutto sembra perfettamente coeso.
Elogio della violenza
Non fraintendiamoci: il fatto che Elden Ring rinunci a questa concentrazione così ossessiva è uno dei suoi maggiori punti di forza. La capacità di esplorare un continente immenso, di vagarvi per ore e di perdersi in esso è un merito assoluto dei produttori.
E l’enorme varietà di armi, incantesimi e strumenti con cui affrontare Boss mastodontici è un fattore del tutto positivo. Ogni giocatore può costruire il proprio stile di gioco, perfezionare le proprie preferenze e creare build uniche.
La varietà di Elden Ring elimina una barriera d’ingresso tipica delle produzioni FromSoftware e apre le porte dell’Interregno non solo a giocatori nuovi, ma soprattutto al grande pubblico.
Detto questo, ci sono dei momenti in cui la sua enorme visione rischia di diventare controproducente. Bloodborne è una riflessione sulla vita e sulla morte in una città malvagia, e chiede al giocatore di fare i conti con il male, se non addirittura di lasciarsi contagiare da esso. È un gioco profondamente coeso, che riesce a far convergere tutte le sue parti su di un unico obiettivo: l’esecuzione della brutalità.
Elden Ring è di per sé un risultato straordinario, più impressionante e accessibile dei suoi predecessori. Tuttavia, ci sono momenti in cui la nostalgia per il mondo claustrofobico e opprimente di Bloodborne si fa sentire.