Apple, i componenti sono Taiwanesi...anzi Cinesi
Cupertino chiede ai propri fornitori di non usare l’etichetta "Made in Taiwan"
In questi giorni la tensione tra USA e Cina intorno all’isola di Taiwan è salita letteralmente alle stelle. Dopo la visita di qualche giorno fa a Taipei della portavoce della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti Nancy Pelosi, definita dal governo Cinese come “un attacco diplomatico e una violazione della sovranità nazionale”, la Cina ha dato il via a un’esercitazione militare molto estesa nel mar cinese orientale, in segno di sfida.
È in un contesto estremamente complesso come questo che le grandi aziende come Apple, che lavorano a stretto contatto con il Paese orientale, devono riuscire a districarsi per poter continuare a lavorare rimanendo produttive.
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L’azienda di Cupertino ha chiesto ai produttori di componentistica che si trovano sull’isola Taiwanese, la cui indipendenza è contestata dal governo cinese, di inviare la componentistica prodotta localmente all’estero usando l’etichetta “Chinese Taipei” o “Taiwan, China” per evitare di contravvenire alle leggi cinesi e ritrovarsi con i carichi di merci bloccati o addirittura respinti.
Non è la prima volta che Apple si trova in una situazione difficile per via dei suoi rapporti con il governo cinese. Quando scoppiarono le proteste pro democrazia nel 2019 a Hong Kong, l’azienda decise di rimuovere l’emoji con la bandiera Taiwanese per non contravvenire alle indicazioni del governo della superpotenza.
Al di là di facili conclusioni riguardo l’accettazione da parte di Apple dei diktat cinesi, è chiaro che l’azienda in questo momento si trova tra l’incudine e il martello per quanto riguarda il proprio business. Tim Cook aveva precedentemente commentato riferendo che la produzione di iPad era già stata rallentata per via della carenza di componentistica, mentre un ritardo nella consegna degli iPhone 14 di prossima uscita potrebbe essere realmente disastroso per il futuro dell’azienda statunitense.
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