Imprese e coronavirus: è tempo delle prime valutazioni
Una ricerca di BVA Doxa analizza l'impatto economico
La funesta epidemia da coronavirus ha costretto noi tutti a cambiare alcuni elementi fondanti della nostra vita: i provvedimenti restrittivi volti al rallentamento del contagio ci costringono a stare nelle nostre case, mettendoci di fronte a un nuovo modo di vivere la nostra quotidianità personale e lavorativa.
Con la recente chiusura di tutte le attività che non sono d’interesse strategico o che non si occupano di beni di prima necessità, le aziende e le imprese sono state portate ad attivare forme di lavoro innovative per i propri dipendenti cambiando la propria struttura organizzativa e, sopratutto, spostando le proprie attività sul web: moltissimi italiani si trovano alla prima esperienza di telelavoro o smartworking e, ad oggi, non si può sapere quando questa fase terminerà.
Un cambiamento così repentino e radicale porta necessariamente con sé forti conseguenze nel tessuto industriale e imprenditoriale del nostro paese: a questo proposito è stata fatta una ricerca da parte dell’istituto BVA Doxa.
Analizzando in particolare quelli che vengono definiti gli “impatti della diffusione del Covid-19 sulle imprese” sono state intervistate 301 aziende, analizzando in particolare le conseguenze di questa pandemia su domanda, investimenti, e gli effetti dello smartworking sul lavoro e gli obiettivi aziendali, nonché sulla diffusione.
L'impatto sulla domanda e sugli investimenti
Dal sondaggio si deduce una preoccupazione diffusa dovuta a questa pandemia, tanto da portare oltre un’azienda su tre a dichiarare che le conseguenze da questa situazione saranno molto rilevanti.
Inoltre, tre imprese su quattro ritengono di aver già avuto effetti sulla propria attività, e ben il 95% li avrà già visti entro aprile. Non sorprende siano la stragrande maggioranza: il cambiamento richiesto è stato radicale e l’impatto che sta avendo sulle persone e sul tessuto industriale è davvero sensibile.
Tuttavia, la preoccupazione reale arriva dalle imprese con meno di 50 dipendenti, delle quali il 77% ha previsto una diminuzione della domanda proveniente dall’Italia, percentuale che si abbassa al 56% se si prende come riferimento la domanda proveniente dall’estero.
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Sorprende che da queste situazioni alcune imprese prevedano un miglioramento dei loro affari, ma probabilmente si tratta di settori connessi al web o alla tecnologia, diventati fondamentali in questo momento in cui forme lavorative telematiche stanno crescendo a vista d’occhio.
Per rispondere a questi cambiamenti, le imprese si sono viste costrette a cambiare le proprie stragie di investimento. La ricerca di BVA Doxa ha diviso gli investimenti in quattro macrosettori: pubblicità, marketing, sviluppo commerciale, lancio di nuovi prodotti o servizi e ricerca e sviluppo. Spicca in questa analisi come la maggioranza delle aziende abbia intenzione di aumentare i proprio investimenti nel lancio di nuovi prodotti e servizi e nella ricerca e sviluppo: anche in questo caso le necessità di telelavoro si fanno sentire, probabilmente molte imprese stanno investendo nel settore IoT, IT o ICT per cercare di sopperire al cambiamento, offrendo nuove piattaforme sul web o cercando nuovi modelli di sviluppo che possano sopperire all’assenza fisica del personale nel processo produttivo o nell’erogazione di servizi.
Il nuovo contesto a cui ci stiamo confrontando è ancora nella sua fase iniziale, ma è palese come le imprese abbiano già adeguato le proprie strategie per affrontarlo.
La buona notizia: lo smartworking è un successo
La ricerca oltre si è concentrata anche sulle reazioni e le impressioni che ci sono state allo smartworking.
Il 73% del campione ha affermato di aver fatto ricorso a forme di lavoro telematiche in modo massiccio, anche se c’è una forte disparità in base alle dimensioni e alla tipologia dell’impresa: si passa da un 90% per le multinazionali presenti nel nostro territori, a un 67% per le imprese italiane che hanno sedi all’estero fino al minimo del 59% delle aziende che hanno attività esclusivamente in Italia. Questo è un indizio di come vi siano ancora resistenze sul nostro territorio anche se, probabilmente, questa pandemia ha fatto cambiare idea a molti: il 90% degli intervistati ha trovato lo smartworking efficiente e il 39% continuerà a praticarlo terminata l’emergenza.
Lo smart working si sta quindi rivelando una scelta vincente in questo momento di incertezza, e non solo per restare a casa.
Possiamo immaginare che lo vedremo entrare nelle nostre vite (e case) sempre di più, anche se sicuramente non potrà mai sostituire la modalità di lavoro “tradizionale” per alcuni settori o alcune mansioni.
Fonte: BVA Doxa