Crisi delle criptovalute: miner costretti a vendere i rig per pagare i debiti
La bolla delle criptovalute sembra scoppiata e adesso è l'ora di fare i conti con le spese
Stronghold Digital Mining è una società americana che si occupa di mining di cryptovalute. L’azienda (ma non è l’unica) starebbe subendo la crisi del mercato monetario virtuale collegato alla presunta frode del fondo speculativo 3AC, che ha dato forfait lo scorso mese finendo in bancarotta e con una previsione piuttosto pessimista sulla possibilità di recupero dei crediti da parte degli investitori.
Questo evento, avrebbe causato un crollo del mercato ed ora per gli operatori del settore sembra giunto il momento di raccogliere i cocci di quello che, solo un anno fa, poteva apparire come un periodo di grande ottimismo. Per via delle contingenze economiche l’azienda starebbe infatti vendendo 25200 rigs, i famosi computer da calcolo crypto valutario, per rientrare in un debito di 67,4 milioni di dollari.
Con un crollo del mercato di queste proporzioni, pari a quasi il 60% di tutto il suo valore, non c’è da meravigliarsi se vendere il proprio hardware usato risulta più conveniente che rimetterlo in attività per generare ulteriore cryptovaluta.
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A quanto pare però, la società deterrebbe ulteriori 16000 rigs, capaci di bruciare da soli tra 50 e 55 megawatt, una potenza molto elevata e sostenibile solamente con l’uso di un combustibile economico come il carbone.
Questo materiale, che nel nostro immaginario era ormai relegato alla rivoluzione industriale, è considerato un combustibile “sporco”, ossia rilevante per l’aumento di CO2 nel pianeta. Tutto a scapito dei cambiamenti climatici che quest’anno, come mai, hanno colpito (e continuano a farlo) paesi europei come Italia, Francia, Grecia, ma anche colossi come Stati Uniti, Cina e altri ancora.
Ad ogni modo l’azienda non avrebbe ancora dato forfait potendo rientrare dalla porta di servizio dopo essere saltata fuori da quella principale, ma con le due cryptomonete principali Ethereum e Bitcoin scese rispettivamente al 18 e al 13 percento del loro valore di picco, è molto difficile che le cose possano tornare come prima.
Forse questa situazione farà felici i videogiocatori, che negli ultimi due anni hanno visto ridurre la disponibilità di schede video (fondamentalmente della serie 3000 di Nvidia, Ampere) e fino al quadruplicare dei prezzi rispetto al prezzo di listino. Tant’è che ad oggi il mercato, dopo ormai due anni di sofferenza, non è ancora tornato alla normalità e i prezzi delle migliori schede video rimangono ancora relativamente alti rispetto a quelli medi dello scorso decennio.
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Fonte: The Byte