TechRadar Verdetto
Death Stranding 2: On the Beach rappresenta un perfetto esempio di seguito che amplia l’opera originale senza snaturarla. L’esplorazione resta il cuore dell’esperienza, ma l’azione, pur migliorata notevolmente, non prende mai il sopravvento. Al posto di una trama convenzionale c’è una narrazione più intima, centrata sui nuovi personaggi e su un terzo atto potentissimo, che esplode in uno stile tipicamente Kojimiano.
Pro
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Migliora in modo significativo le meccaniche del primo capitolo
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Azione molto più efficace, ma ben bilanciata con l'esperienza generale
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Storia più introspettiva e centrata sui personaggi
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Terzo atto straordinario
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Una delle rese visive più spettacolari mai viste
Contro
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Glitch audio frequenti
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La narrazione è più lenta rispetto al primo capitolo
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Non farà cambiare idea a chi non ha apprezzato il gioco originale
Perché puoi fidarti di TechRadar
Nonostante l'affinità per giochi frenetici e ricchi di azione, Death Stranding 2: On the Beach riesce a far apprezzare la bellezza della lentezza.
C’è qualcosa di affascinante e quasi magico nel camminare attraverso i paesaggi selvaggi dell’Australia, consegnando pacchi da una stazione all’altra. Sebbene il gioco offra numerosi strumenti per velocizzare gli spostamenti, la tentazione di usarli svanisce presto: il mondo creato da Kojima Productions merita di essere vissuto con lentezza, passo dopo passo, godendo di ogni dettaglio.
I trailer di Death Stranding 2: On the Beach hanno messo in mostra molti momenti carichi di azione, lasciando intendere che questa volta ci saremmo trovati di fronte a un titolo più convenzionale, in risposta alla ricezione divisa del primo capitolo.
E invece no: sebbene l’azione sia decisamente migliorata, il cuore dell’esperienza rimane lo stesso. Esplorazione, consegne e solitudine restano centrali, e Kojima Productions non ha sacrificato l’identità dell’originale nel tentativo di allargare il pubblico. Un equilibrio raro, mantenuto con coerenza.
Meno eroi, più umanità
In Death Stranding 2: On the Beach torniamo a vestire i panni di Sam, ora ritiratosi in una vita tranquilla insieme alla piccola Lou. Ma la pace dura poco: Fragile lo rintraccia per affidargli un’ultima missione, collegare il Messico alla Rete Chirale e, di conseguenza, aprire un portale verso l’Australia.
Da qui, Sam entra a far parte dell’equipaggio della DHV Magellan, una nave galleggiante con un obiettivo ambizioso: riunire il mondo intero e porre rimedio al Death Stranding.
Questa volta, però, non c’è bisogno di spiegare chi è Sam. Il gioco si concede lunghi momenti riflessivi, con una storia più personale e introspettiva, retta da un Norman Reedus in stato di grazia. Le relazioni tra i personaggi diventano il motore narrativo, fino a un terzo atto che sfoggia il classico stile di Kojima: spettacolare, carico di rivelazioni e assolutamente memorabile.
Se nel primo Death Stranding il cast di supporto funzionava, in On the Beach raggiunge un altro livello. La nuova ciurma della DHV Magellan è composta da volti familiari come Fragile e da personaggi inediti carismatici: Tarman, Tomorrow, Rainy e soprattutto Dollman, un bizzarro compagno che ricorda Mimir di God of War. Legato alla cintura di Sam, funge da narratore e spalla emotiva, senza mai intaccare quel senso di solitudine che aveva reso unico l’originale. Anzi, finisce per diventare uno dei personaggi più toccanti, nonostante il suo aspetto da bambola ispirata a un regista turco.
Le dinamiche tra Fragile, Tomorrow e Rainy regalano alcune delle sequenze più memorabili, con Rainy al centro di una delle migliori sottotrame del gioco.
Sul fronte dei nemici, Higgs torna con una furia vendicativa che lo rende ancora più minaccioso, mentre Neil – il “nuovo Mads Mikkelsen” – appare in sequenze oniriche e flashback. La sua presenza è più limitata di quanto i trailer facessero pensare, ma la performance di Luca Marinelli è così intensa che commuove anche in pochi minuti.
I’ll keep coming
Nonostante i trailer ricchi d’azione potessero far pensare il contrario, Death Stranding 2: On the Beach rimane fedele al suo cuore pulsante: l’esplorazione e le consegne. Le novità ci sono – nuovi strumenti, strutture e condizioni meteorologiche dinamiche come terremoti, tempeste di sabbia o whiteout – ma non stravolgono il gameplay, né influiscono troppo sul ritmo delle missioni.
Torna anche il sistema Strand, che permette di vedere nel proprio mondo costruzioni lasciate da altri giocatori. È ancora oggi uno dei migliori esempi di multiplayer asincrono, capace di trasmettere quel senso di connessione al centro dell’esperienza.
E poi c’è la musica. Come nel primo capitolo, anche qui ci sono momenti esaltanti in cui la telecamera si allontana, parte una traccia licenziata e si apre davanti a voi uno scenario mozzafiato. Stavolta è Woodkid a firmare le tracce principali, affiancato da Ludwig Forssell, e il risultato è una delle colonne sonore più belle degli ultimi anni, con un mix raffinato di synth, vocalità eteree e atmosfere cinematiche.
È anche possibile ascoltare liberamente le tracce durante l’esplorazione, ma chi sceglierà di non farlo verrà ricompensato da momenti musicali potenti e memorabili, come solo Kojima sa orchestrare.
Una volta ci fu un'esplosione
Se nel primo capitolo il combattimento era quasi un optional, Death Stranding 2 migliora sensibilmente il gunplay: le armi sono più numerose e il feeling è finalmente all’altezza di un titolo moderno. I nemici sono ancora presenti in avamposti sparsi per la mappa, offrendo un approccio libero in stile Metal Gear Solid V, anche se l’IA resta basilare.
I boss fight, punto debole dell’originale, sono ora molto più riusciti: i mostri di catrame tornano ma sono resi più interessanti da un kit ampliato e da pattern rivisti, mentre gli scontri contro mech offrono un cambio di ritmo benvenuto – pur riducendosi talvolta al classico “spara al punto debole luminoso”.
A livello tecnico, Death Stranding 2 è semplicemente sbalorditivo. Anche in modalità performance, la scena iniziale sulle montagne è di una bellezza che lascia senza fiato: neve, luci, dettagli del terreno, modelli dei personaggi e persino il cielo contribuiscono a una resa grafica che sfida l’attuale stagnazione visiva del medium. Kojima Productions firma uno dei titoli più spettacolari dell’era PS5.
L’introduzione di Death Stranding 2 è una delle più memorabili degli ultimi anni: una camminata silenziosa con la piccola Lou tra le vette innevate, immersi in paesaggi mozzafiato e in una calma quasi surreale. Non ci sono combattimenti o tutorial invadenti, solo il tempo di respirare il mondo, osservare, ascoltare e lasciarsi trasportare. È un incipit potente, che riassume in pochi minuti tutta l’anima del gioco.
Sapevamo già di cosa fosse capace il motore Decima grazie alla serie Horizon, ma Death Stranding 2 lo porta a un livello superiore. Giocato sia su PlayStation 5 Slim che su PlayStation 5 Pro, il titolo mantiene un frame rate solido e una qualità visiva sbalorditiva. Esiste anche una modalità risoluzione, ma i benefici grafici sono minimi rispetto alla fluidità offerta dalla modalità performance.
Durante la prova, non sono emersi bug gravi, anche se alcuni problemi audio hanno compromesso l’esperienza in momenti chiave: in più occasioni le tracce musicali non sono partite, incluso durante il boss finale, costringendo a un riavvio.
Death Stranding 2 è il seguito ideale: espande le idee del primo capitolo senza snaturarle. Kojima Productions conferma ancora una volta di non seguire mai la via più sicura, puntando tutto su traversal, narrazione e multigiocatore asincrono. Una scelta audace, ma perfettamente in linea con la sua visione.
Perché giocare a Death Stranding 2: On the Beach?
Perché giocarci
Vi piacciono i giochi strani e fuori dagli schemi
Death Stranding 2 è un concentrato della tipica follia creativa di Hideo Kojima, pieno di momenti assurdi, personaggi surreali e un world-building unico nel suo genere. Non si discosta troppo dal primo capitolo, ma conserva una stranezza rara da vedere nei titoli AAA.
Volete sfruttare al massimo la vostra PS5 Pro
Anche su PS5 standard il gioco è visivamente straordinario, ma su PS5 Pro raggiunge vette grafiche impressionanti, mantenendo un frame rate stabile a 60fps anche in modalità performance.
Amate la recitazione di alto livello nei videogiochi
Tra mostri di fango e bambole parlanti, gli attori principali offrono performance eccellenti. Norman Reedus, Shioli Kutsuna, Léa Seydoux, Troy Baker e persino Jonathan Roumie (voce della celebre bambola) rendono credibile anche l’assurdo, elevando la narrativa del gioco.
Perché NON giocarci
Non vi piacciono le trame complicate
Il mondo di Death Stranding è denso di concetti, personaggi e termini, tanto che il gioco include un glossario interno per aiutarvi a seguire tutto. Se non siete fan dell’eccessivo worldbuilding in stile Kojima, potreste trovarvi spaesati o infastiditi dalla mole di informazioni e dalla trama a tratti criptica.
Non vi è piaciuto il primo Death Stranding
Anche se il secondo capitolo amplia il gioco con più azione e una scala più grande, la base rimane invariata: è ancora un gioco incentrato su esplorazione e consegne. Se l’esperienza del primo non vi ha convinto, è probabile che neanche questa riuscirà a farvi cambiare idea.
Accessibilità
Rispetto all’eccellente standard di accessibilità garantito da PlayStation Studios, Death Stranding 2 risulta purtroppo piuttosto limitato. Alcune funzioni sono personalizzabili, come la corsa e la mira per la costruzione delle strutture (che si possono impostare su toggle invece che su pressione prolungata), oppure il gesto rassicurante verso Lou, che può passare dal motion control all’uso della levetta sinistra. È anche possibile regolare la sensibilità e la velocità della telecamera.
Tuttavia, mancano opzioni fondamentali: non ci sono modalità per daltonici, i sottotitoli non consentono la personalizzazione di sfondo, dimensione o colore del testo, e non è possibile rimappare i comandi. Sono presenti quattro livelli di difficoltà (Storia, Casuale, Normale e Brutale), ma il gioco non spiega chiaramente quali parametri cambiano effettivamente tra un’impostazione e l’altra.
Nato nel 1995 e cresciuto da due genitori nerd, non poteva che essere orientato fin dalla tenera età verso un mondo fatto di videogiochi e nuove tecnologie. Fin da piccolo ha sempre esplorato computer e gadget di ogni tipo, facendo crescere insieme a lui le sue passioni. Dopo aver completato gli studi, ha lavorato con diverse realtà editoriali, cercando sempre di trasmettere qualcosa in più oltre alla semplice informazione. Amante del cioccolato fondente, continua a esplorare nuove frontiere digitali, mantenendo sempre viva la sua curiosità e la sua dedizione al settore.