Cos'è il Test di Turing
Ovvero, come siamo stati beffati
Era il 1950 e la rivista Mind raccoglieva quesiti spinosi da porre a uno dei giganti della Logica e della Matematica del XX secolo, Alan Turing. Correvano gli anni del dopoguerra, la Gran Bretagna era in forte crescita, si consolidavano le scoperte scientifiche che lo sforzo bellico aveva regalato all’umanità, si stava preparando la corsa allo Spazio e si iniziava a capire che il mondo per qualche decennio avrebbe sperimentato la Guerra Fredda.
In questo contesto altalenante, Alan Turing non era ancora probabilmente riconosciuto per il suo genio e per il suo contributo alla vittoria sull’Asse; aveva 37 anni, si dedicava alla ricerca e non sapeva che da lì a qualche anno sarebbe anche stato arrestato per “condotta oscena ed indecente”.
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L’articolo che segnò la storia
Alan decise di pubblicare un articolo sul numero 236 del Volume 59 dal titolo “Computing machinery and intelligence” e consiglierei a chiunque di leggerlo nella sua versione originale, sia per l’abilità espositiva che per la chiarezza e la lucidità che Alan esprime in un articolo che avrebbe segnato la Storia.
Il punto focale fu un test, enunciato da Turing in quell’articolo e chiamato The Imitation Game. Brevemente potremmo dire che si tratta di un test dove partecipano 2 individui ed un’Intelligenza Artificiale. Il test viene superato dall’AI se uno dei due individui, conversando con gli altri, non riesce a distinguerla dall’altro essere umano.
Il Test di Turing è stato più volte confutato, rivisitato, rienunciato negli anni e molti ne hanno contestato persino la validità fattuale. Qui però si iniziano ad incontrare dei paradossi: davvero è possibile che una delle menti più brillanti del secolo abbia enunciato un test inattendibile? E davvero questo test, nel suo profondo, evidenzierebbe l’intelligenza di una macchina?
Ebbene sì. Il Test di Turing, nella sua forma espositiva originale, in realtà ci dice poco o nulla sull’Intelligenza delle macchine, ma c’è un motivo, molto banale e molto logico: la rivista Mind è una rivista di “Psicologia e Filosofia”. Turing si adatta quindi al contesto ed evita di addentrarsi in tecnicismi che sarebbero stati fuori posto.
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Lo scienziato fa solo brevi cenni agli “stati interni” di un possibile automa che si cimentasse con il test enunciato. Non ci lascia un teorema e non vuole illuminare il mondo con una scoperta, quanto piuttosto distribuire un contenuto divulgativo che faccia riflettere le persone su un fenomeno che accadrà e si manifesterà compiutamente solo 60-70 anni dopo, ammesso che noi, oggi, davvero lo si stia sperimentando nella forma che Alan aveva già intuito.
Leggendo l’articolo nella sua forma originale, contestualizzando il periodo storico e la rivista scelta per la pubblicazione, deduciamo dunque che l’Imitation Game è più un’allegoria che un test scientifico e quindi non va preso così sul serio come tanti hanno provato a fare in passato.
E tuttavia questa spiegazione sarebbe ancora troppo banale: bisogna fare qualche passo indietro per riuscirne a fare uno in avanti e cercare di comprendere cosa sia il Test di Turing; dall’enunciazione del Test alla sua morte suicida passarono pochi anni; dunque, per capire cosa ci stava dicendo Alan con il suo test, è necessario fare una breve digressione su come ci si sia arrivati. Proviamo.
Alan Turing
Alan Turing, maratoneta, omosessuale, logico, crittografo ed appassionato della storia di Biancaneve è un personaggio storico ed ha contribuito in modo decisivo alla vittoria degli Alleati, nonché a salvare un numero di vite altissimo durante la II Guerra Mondiale.
Ma, per capire da dove arrivi il suo Test è necessario guardare un po’ indietro. Alan aveva una grandissima predisposizione per la Logica e la Matematica. È quasi impressionante utilizzare certi nomi vicini all’interno dello stesso paragrafo, ma dovete sapere che la Macchina di Turing venne enunciata da Alan per rispondere ad un problema proposto da David Hilbert, quello della “decidibilità”.
Hilbert si chiedeva se fosse possibile stabilire mediante un algoritmo se una proposizione matematica fosse VERA o FALSA ed Alan rispose al quesito consegnandoci la Macchina di Turing. Fu uno statunitense a notare l’eleganza della sua soluzione, tanto che lo invitò all’Università di Princeton, ma Alan era molto introverso e problematico quindi rientrò presto in patria.
A Princeton Alan costruì una macchina in grado di moltiplicare due numeri binari ed un’altra che, ricevendo il prodotto di questi numeri ed uno di essi, rivelava l’altro. Per chi mastica di crittografia, era l’alba della cifratura a chiave asimmetrica.
Fu proprio questo lavoro che catturò l’attenzione dei Servizi Segreti britannici, i quali misero Alan a capo di un gruppo di lavoro a Bletchley Park. Il resto è storia; per quanto forse non tutti sanno che l’enorme lavoro di decrittazione dei codici Enigma svolto a Bletchley Park, in realtà, prese le mosse dal lavoro di un gruppo di oggi semi-sconosciuti matematici crittografia polacchi a cui i Servizi Segreti inglesi sottrassero i progetti.
In pochi paragrafi abbiamo citato almeno 3 pietre miliari della Teoria dell’Informazione; ma cosa passava per la testa di Turing quando ha illustrato al mondo il suo test? Probabilmente questa risposta, con chiarezza, non l’avremo mai. Sappiamo che Alan si stava riferendo alla sua macchina astratta, certamente non a quel mostro a valvole su cui stava lavorando nel 1950, l’ACE o Automatic Computing Engine, un colosso di ferro che occupava un’intera stanza e che impiegava una quantità di corrente straordinaria per eseguire calcoli matematici semplici.
Ma Turing non aveva un cervello che abitava i nostri medesimi spazi; il suo era popolato da Logica e Macchine Astratte, descrizioni di Algoritmi e riferimenti alle basi più profonde della Logica e della Matematica. Nella definizione del suo Test queste marionette del pensiero trovavano un posto e si collocavano in frasi che hanno segnato la Storia per un unico vero motivo: ci hanno fatto riflettere, pensare un po’ come lui.
Dall’enunciazione dell’Imitation Game ad oggi sono stati creati centinaia di concorsi e promessi infiniti premi a chi avesse contribuito alla soluzione del Test. Da quell’enunciato è nata una scienza, quella che si occupa di Intelligenza Artificiale.
Probabilmente, sintetizzando, potremmo dire che Alan voleva spingere i suoi pensieri verso di noi e, con un atto provocatorio ed eversivo, voleva spingerci a riflettere proprio su quanto in questi giorni iniziamo a vedere un certo grado di realizzazione pratica. Dunque, maratoneta, omosessuale, appassionato della storia di Biancaneve e Genio, Alan ci è riuscito; non aveva la potenza di calcolo necessaria nelle sue valvole, ma ha indicato ai posteri la strada per guidare la sua macchina astratta verso la realizzazione di un’Intelligenza Artificiale.
Forse ci ha anche giocato per 70 anni, ma evidentemente era necessario e Logico nella testa di una persona che con il suo pensiero ha contribuito a vincere una Guerra e a cambiare radicalmente il mondo. A noi non resta altro che realizzare il giochino di Alan, così forse poi riusciremo anche a guidare verso cos’altro ci stava dicendo di avvicinare. Già, ma per capirlo forse servirà anche il prossimo Alan Turing ed un altro Test da risolvere.
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Nicola Grandis is the CEO of ASC27 s.r.l., He has been working in CyberSecurity since 2001 and he is involved in innovative startup engaged on CyberSecurity and Artificial Intelligence issues.
He is an expert in CyberSecurity, Cryptography, Artificial Intelligence, Quantum Computing, Privacy. Also, he is an Entrepreneur, author, developer and a solver consultant for la fuga dai labirinti.