Elden Ring, un anno dopo: bellissimo, ma preferisco Dark Souls

(Immagine:: Bandai Namco)

Elden Ring è un gioco brillante, sicuramente uno dei migliori Open World mai creati. 

Il sistema di combattimento è quello tipico dei soulslike, senza troppi fronzoli o combinazioni di tasti assurde e al contempo ricco di opzioni ed estremamente malleabile, perfetto per esprimere il proprio stile di gioco. 

Anche dopo la terza run avrete ancora voglia di provare una nuova build per trovare quella che si addice meglio al vostro personaggio, in base a come lo immaginate o vi piace giocarlo. Personalmente, già alla seconda run ho deciso che la build forza con spadone stile Gatsu era divertente, ma un po' limitante in campo aperto.

Per questo, alla fine, mi sono ritrovato a provare un'infinità di combinazioni diverse (grazie Rennala) scoprendomi fan del combattimento stealth e dei "coltelli oscuri". 

Anche la mappa, come le build, è immensa e non si finisce mai di scoprirla. Girarla tutta è una bella impresa anche a cavallo e, ogni volta che si parte con un NG, si notano nuove zone da esplorare o scorci panoramici spettacolari che erano sfuggiti ai nostri occhi nelle run precedenti.

Le boss fight, per quanto spettacolari (non tutte), risultano un po' ripetitive, è vero, ma combattere lo stesso boss (la versione potenziata, per essere più precisi) con una build diversa cambia in modo radicale il suo atteggiamento, tanto che a volte sembra di combattere un avversario totalmente nuovo (maledetto Maliketh).

Forse è proprio la varietà dei contenuti ad essere valsa a Elden Ring un punteggio di 94 su Metacritic. Novantaquattro. Se si considera che il primo Dark Souls (a detta di molti il migliore della serie) ha ottenuto 90 punti si fa presto a comprendere la grandezza dell'ultimo capolavoro di FS.

Ma questo vuol dire che Elden Ring è il migliore gioco mai prodotto da FromSoftware? A mio avviso no, e voglio spiegarvi il perchè.

Mondi a se stanti

(Image credit: FromSoftware)

Non domandatemi il motivo, non so rispondervi in modo netto, ma già dalla seconda run ho iniziato a soffrire l'ampiezza del mondo aperto e, al contempo, a sentire la mancanza del magnifico level design chiuso dei primi capitoli di Dark Souls. 

Come molti sapranno, i primi tre giochi della serie utilizzano un sistema di aree chiuse (hub) collegate ad altre aree da passaggi lineari che, a prima vista, non lo sembrano affatto. 

Ogni volta che gioco a Dark Souls 3, nonostante abbia più di 500 ore all'attivo, mi sembra di perdermi mentre mi dirigo verso l'arena di Gundyr il Campione. Nella mia testa, quando gioco a DS 3, potrei tranquillamente girare a sinistra invece che a destra in un punto non definito del percorso e incontrare una serie di paesaggi e boss alternativi: in realtà non è così, ma il gioco è fatto talmente bene da trarmi in inganno ogni volta.

Su Elden Ring, se volete orientarvi dovrete necessariamente avere a mente la geografia del mondo in cui vi trovate. A volte, se si evitano i viaggi veloci, vagare nell'immensa mappa di gioco può persino risultare frustrante. All'inizio non la pensavo così, ma ora ne sono certo: trovo più interessante l'idea di un soulslike ambientato in un mondo enorme che la sua applicazione pratica

E poi diciamola tutta, quanti di noi hanno completato la prima run senza usare una guida online? (complimenti a chi lo ha fatto).

Ricordate il Montacarichi di Dectus? Quella gigantesca struttura che richiede di trovare due medaglioni custoditi in luoghi totalmente diversi per poter passare alla location successiva? Già, lo ricorderanno in molti. Sono rimasto bloccato in quel punto del gioco per ore prima di ammettere la sconfitta e consultare una guida, ma non me ne vergogno affatto.

C'era un altro modo per conoscere la location? Ne sono certo, ma non tutti hanno 10 ore al giorno da dedicare all'esplorazione di una mappa grande quanto una regione italiana o di leggere ogni singolo dialogo con le decine di NPC sparsi per la mappa (senza considerare le descrizioni degli oggetti e i messaggi dei mercanti).

Il Montacarichi di Dectus non è un esempio casuale, bensì rappresenta un punto fondamentale nel mio ragionamento in quanto fa sembrare Elden Ring un gioco in bilico tra due differenti filosofie di design. 

Da un lato vuole essere enigmatico e premiare coloro che si soffermano su ogni oggetto dell'inventario e su ogni dialogo con gli NPC svelando la soluzione solo ai più attenti. Dall'altro sottolinea la vastità della mappa quando ci si trova a un punto del gioco nel quale il mondo esplorato sembra già troppo grande per capirci qualcosa. Il risultato, almeno nel mio caso, è stato una sensazione di stordimento, confusione e frustrazione. Nella mia testa sono sorte mille domande: in che punto della mappa posso trovare un indizio? Con quale NPC avrei dovuto prestare più attenzione?

Potreste obiettare che questa è una mia mancanza, e avreste ragione. Ma a un anno di distanza dalla mia prima run, non riesco a ritrovare in Elden Ring la stessa magia dei primi tre capitoli di Dark Souls. Anche ora che so orientarmi, ci sono zone della mappa che evito volentieri e sfrutto il viaggio veloce nel 90% dei casi. 

Inoltre al mio livello attuale, per quanto enorme, il mondo di ER non mi offre più sfide interessanti, tanto che devo ingegnarmi a provare build estreme per variare un po' mentre aspetto il DLC.

Le boss fight: tanto criticate ma in realtà...

(Image credit: Bandai Namco)

I boss di Elden Ring, tuttavia, meritano un'ulteriore riflessione. A molti amanti dei Souls non sono piaciute le meccaniche di gioco delle boss fight. Troppo complesse, troppo imprevedibili, meno facili da schematizzare.

Margit è diventato leggendario per i suoi spietati schemi d'attacco, per la vertiginosa gamma di animazioni e per la sua abilità nel punire i giocatori che eseguono le mosse classiche dei Souls. Ed è il primo boss obbligatorio. 

È un battesimo di fuoco, un boss che sembra conoscere tutte le mosse che avete imparato nei precedenti titoli FromSoftware e vuole punirvi per averle usate. Non si può certo dire che l'incontro sia piacevole e tanti giocatori estranei a Souls hanno deciso di mollare proprio a causa sua, ma non riuscire a coglierne la raffinatezza è un limite del giocatore.

(Image credit: Bandai Namco Entertainment)

Nessuno finora ha creato un design simile a quello di ER se si parla di boss fight.

Basti pensare a Renalla, la Regina del Plenilunio che vi accarezza con una voce materna e rassicurante mentre i suoi accoliti siedono a terra in camicia da notte emettendo un dolce mormorio. Tutto questo avviene mentre lei vi sta facendo il culo e state letteralmente scappando da una pila di libri grossi come mattoni. 

Non è l'aspetto intrinseco di questi nemici a essere inquietante, ma la dissonanza che si percepisce in ogni combattimento, dove spesso ci si interroga su chi sia il vero cattivo della trama.

Ho apprezzato tanto anche la boss fight con Maliketh, a mio avviso una delle più belle dell'intera saga (oltre ad essere una delle più difficili in assoluto). Tutto di quel combattimento è epico, dalla trasformazione del boss che dopo una breve fase iniziale diventa la "Lama Nera", una sorta di Ninja caster che spara Getsuga Tensho (Bleach) dalla sua spada chilometrica, al fatto che per diventare cosi forte debba sprigionare (visibilmente controvoglia) un male troppo grande anche per i senzaluce che abitano il mondo di ER.

Per riassumere, anche se adoro Elden Ring, spesso mi sono ritrovato a cercare consigli sulla direzione da prendere e sulla location degli item, piuttosto che guide per sconfiggere un boss. Questo aspetto all'inizio non mi pesava affatto, anzi, lo trovavo avvincente. Alla fine però, mi sono trovato a interrogarmi sulla reale necessità di avere una mappa così vasta per un soulslike.

Forse per pigrizia, forse per una questione di gusti personali, preferivo il mondo vincolato e incredibilmente immersivo dei primi Souls al girovagare senza sosta di Elden Ring. 

Per questo, se qualcuno dovesse chiedermelo oggi pur apprezzandone gli aspetti tecnici, non riuscirei mai a dire che Elden Ring è il Souls più divertente o bello che ho mai giocato.

Marco Silvestri
Senior Editor

Marco Silvestri è un Senior Editor di Techradar Italia dal 2020. Appassionato di fotografia e gaming, ha assemblato il suo primo PC all'età di 12 anni e, da allora, ha sempre seguito con passione l'evoluzione del settore tecnologico. Quando non è impegnato a scrivere guide all'acquisto e notizie per Techradar passa il suo tempo sulla tavola da skate, dietro la lente della sua fotocamera o a scarpinare tra le vette del Gran Sasso.