I plugin di ChatGPT si stanno infiltrando ovunque: siamo sicuri sia la strada giusta?
Dopo Google, anche OpenAI ha rilasciato la prima ondata di plugin per il suo chatbot
Per tenere il passo di Google e del suo chatbot Bard, anche OpenAI ha recentemente aperto le porte al supporto dei plugin per gli sviluppatori di ChatGPT.
In linea con la sua "filosofia di implementazione iterativa", OpenAI ha concesso l'accesso ai plugin a un numero limitato di aziende partner, al fine di studiare l'utilizzo e l'efficacia di questi strumenti prima di impegnarsi in un'implementazione su larga scala (gli sviluppatori possono già iscriversi a una lista d'attesa per l'accesso).
Abbiamo stilato un elenco delle prime aziende che hanno già creato dei plugin, ovvero: Expedia, FiscalNote, Instacart, KAYAK, Klarna, Milo, OpenTable, Shopify, Slack, Speak, Wolfram e Zapier.
Come avrete notato, la lista è un po' "strana". Alcuni nomi come Wolfram e FiscalNote hanno perfettamente senso, trattandosi di aziende che già in passato hanno utilizzato tecnologie AI. Lo stesso si può dire di Slack e Speak, tra le prime ad integrare gli strumenti ai di ChatGPT.
Gli altri nomi presenti in lista sono più difficili da giustificare. OpenAI afferma di essere "entusiasta di costruire una comunità che dia forma al futuro del paradigma dell'interazione uomo-Io", ma non sono molto convinto che si tratti di casi d'uso nei quali l'interazione uomo-Io sia effettivamente necessaria.
Personalmente, ho sempre prenotato le mie vacanze su siti specializzati come KAYAK utilizzando l'app ufficiale e non ho mai avuto bisogno di un chatbot che mi aiutasse nel processo. Onestamente, non ne vedo l'utilità.
Ma cerchiamo di approfondire il discorso e di dare un senso alle preoccupazioni che sorgono da un'implementazione cosi diffusa e multiforme dei plugin AI.
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Opinione: ha davvero senso implementare funzioni AI da tutte le parti?
Veniamo subito al punto: sono piuttosto dubbioso rispetto all'implementazione dei plug in da parte di alcune aziende che compaiono in lista, una su tutte Klarna.
Per chi non la conoscesse, Klarna è una piattaforma che fornisce servizi finanziari in rete e consente di effettuare pagamenti rateizzati su siti e-commerce. Spesso questa tipologia di piattaforme si rivela di dubbia utilità e, in alcuni casi, le modalità con le quali vengono proposti certi servizi sono a dir poco predatorie.
Sono sicuro che non tutti condivideranno il mio punto di vista e sono sempre aperto al confronto, ma in tutta onestà ho sempre pensato che aziende come Klarna, Afterpay e Zip siano pericolose in quanto spingono le persone ad indebitarsi per spese minori come ordinare un piatto da asporto o fare la spesa online. Spesso chi utilizza questi servizi non dispone di una grande liquidità e rateizza spese minori pur di concedersi dei lussi al di fuori della sua portata, trovandosi a spendere più di quanto guadagna.
Il punto è che alcune delle persone che utilizzano questa tipologia di piattaforme saranno più vulnerabili agli effetti dell'IA una volta che questa sarà parte integrante delle strategie commerciali di servizi come Klarna.
L'intelligenza artificiale è un settore emergente, quindi in gran parte deregolamentato; nulla impedisce a ChatGPT di suggerirvi che dovreste assolutamente chiedere un prestito per comprarvi le scarpe che non potete permettervi o persino per pagare la cena che volete ordinare d'asporto dal vostro ristorante di fiducia.
Naturalmente, ChatGPT non ha idea del motivo per cui acquistare un paio di scarpe ortopediche sia la scelta ideale per voi, che magari soffrite di mal di schiena, ma ha tutti gli strumenti per pescare le informazioni necessarie a persuadervi dal suo database.
In pratica è come avere un commesso che vi segue mentre vi fate un giro tra gli scaffali pubblicizzando i prodotti sui quali mettete gli occhi. Alla fine, come dimostrano numerosi studi di settore, un buon venditore è in grado di farci acquistare anche quello che non ci serve. Basti pensare ai banner che compaiono su gran parte dei siti che frequentiamo, sempre pronti a proporci un articolo che abbiamo in mente di acquistare e che magari abbiamo visto su qualche sito, cliccando per leggere la scheda tecnica o semplicemente per verificare il prezzo e la disponibilità.
Onestamente, questo genere di cose mi preoccupa. Non a livello personale, perché non lascerò che un chatbot mi convinca a indebitarmi per uno smartphone di ultima generazione o per un paio di sneakers, ma a livello morale, perché è probabile che molte persone si lasceranno influenzare.
Sia chiaro, l'intelligenza artificiale può essere utilissima in tanti ambiti e ChatGPT non è il male. Al contempo però, OpenAI ha bisogno di fare soldi; la gestione di un programma di apprendimento automatico grande e complesso come ChatGPT richiede molto hardware e molta energia (quindi molto denaro).
Detto questo, dobbiamo valutare collettivamente fino a che punto siamo disposti a spingerci quando si tratta di farla entrare in ogni aspetto della nostra vita. L'intelligenza artificiale non è il problema principale, ma lo è sicuramente il modo in cui le persone la utilizzano (o potrebbero utilizzarla).
Christian is TechRadar’s UK-based Computing Editor. He came to us from Maximum PC magazine, where he fell in love with computer hardware and building PCs. He was a regular fixture amongst our freelance review team before making the jump to TechRadar, and can usually be found drooling over the latest high-end graphics card or gaming laptop before looking at his bank account balance and crying.
Christian is a keen campaigner for LGBTQ+ rights and the owner of a charming rescue dog named Lucy, having adopted her after he beat cancer in 2021. She keeps him fit and healthy through a combination of face-licking and long walks, and only occasionally barks at him to demand treats when he’s trying to work from home.
- Marco SilvestriSenior Editor