Apple, i dipendenti non vogliono tornare a lavoro in presenza
Dopo anni di lavoro da remoto non tutti sembrano concordare con i piani aziendali
Il COVID 19 ha rappresentato un momento di svolta epocale in molti ambiti, ma uno di quelli maggiormente influenzati da regolamenti e restrizioni è certamente il mondo del lavoro.
Moltissime persone a causa di forza maggiore dovuta alla pandemia, si sono riorganizzate nei modi e negli orari, cambiando completamente il proprio stile di vita. Finita l’emergenza molte aziende hanno accettato che i propri utenti lavorassero da remoto quando fosse stato possibile. Tra queste però non possiamo annoverare Apple, non del tutto almeno.
L’azienda pretenderebbe infatti che i propri dipendenti tornino a lavoro almeno per tre giorni a settimana a partire dal 5 settembre 2022. Potrebbe sembrare una richiesta tutto sommato ragionevole, ma ad alcuni dipendenti evidentemente non è piaciuto il diktat proveniente dall’alto; tanto che un nutrito gruppo avrebbe deciso di lanciare addirittura una petizione interna, chiamata Apple Together, per tentare di contrastare gli ordini dalla dirigenza della Mela.
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Apple ha sempre tenuto molto in considerazione la partecipazione in presenza delle attività aziendali, cercando in vari modi di riportare la situazione aziendale a quella pre-pandemia, con risultati non proprio brillanti.
Nonostante ciò, anche l’azienda ha riconosciuto l’importanza della flessibilità, che renderebbe più felici, e quindi più produttivi, i propri dipendenti.
A causa delle proteste, Apple avrebbe già permesso ai dipendenti di scegliere con i propri manager il terzo giorno di presenza, mantenendo solo il martedì e giovedì come giorni obbligatori. A quanto pare, questa concessione non sembra avere riscosso grande successo, in quanto anche dei pezzi grossi della compagnia avrebbero deciso di lasciare Apple in favore di aziende più flessibili nella loro politica sul lavoro in presenza.
Peraltro, Apple starebbe già affrontando dei problemi relativi ad alcune scelte aziendali, in particolar modo per quanto riguarda la “cultura del silenzio” a cui i dipendenti sarebbero sottoposti per evitare la pubblicazione, lecita o meno, di informazioni riguardanti i meccanismi interni dell’azienda, che potrebbero comprometterne l'immagine causando dubbi agli utenti.
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La compagnia americana avrebbe tentato in passato di mettere a tacere le donne che tentavano denunciare comportamenti inappropriati da parte dei colleghi, arrivando persino a licenziare alcuni dipendenti. Anche i tentativi di sindacare all’interno dell’azienda avrebbero scatenato reazioni simili, a seguito della volontà di contrastare delle condizioni di lavoro inadeguate all’interno degli uffici di Sunnyvale.
Fonte: Engadget