Perchè Google Docs è il social media preferito dagli attivisti
Molti attivisti legati al movimento "Black Lives Matter" hanno scelto Gdocs per condividere le informazioni e organizzare le proteste
Da circa due settimane gli Stati Uniti sono stati messi a ferro e fuoco da una moltitudine di cittadini scesi in strada per manifestare la loro rabbia in seguito all’uccisione di George Floyd. Le comunità di altri paesi tra cui Canada e Gran Bretagna stanno manifestando la loro vicinanza alla causa tramite la creazione di una rete di solidarietà internazionale che spazia dalle strade ai social media. Mentre Twitter e Facebook stanno diffondendo le voci e i video che raccontano le proteste in atto, alcuni degli attivisti che hanno aderito al movimento BLM (Black Lives Matter) hanno scelto Google Docs per organizzare e rendere partecipi i loro sostenitori.
In questo contesto, il popolare strumento presente nella suite Google è diventato un mezzo per condividere informazioni di ogni tipo, dai libri di testo sul razzismo ai modelli per aderire alla causa, dalle liste di fondi e risorse fino alle lettere rivolte alle famiglie che hanno perso i loro cari a causa di abusi di potere perpetuati da agenti di polizia. Si tratta di documenti accessibili e modificabili da tutti che in questi giorni si sono rivelati un elemento chiave per l’organizzazione della protesta.
Anche durante il lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19, Google Docs è stato largamente utilizzato dalla comunità americana, che tramite esso ha condiviso liste di letture consigliate per stare bene e racconti che hanno accomunato l’esperienza di migliaia di persone costrette in quarantena, rendendole partecipi dello stato d’animo altrui e aiutandole a sentirsi meno sole. Non solo, in questo periodo particolarmente complesso i cittadini hanno condiviso vari metodi per passare il tempo in modo più sereno, come le escape room virtuali o i comedy show sul distanziamento sociale, oltre a delle liste della spesa che consentivano di effettuare delle donazioni per aiutare i più bisognosi.
Perchè Google Docs?
Ciò che fa di Google Docs uno strumento ideale in questo contesto non è solo la grande diffusione degli indirizzi Gmail che, di fatto, danno l’accesso alla suite, ma anche la possibilità che viene data agli utenti di modificare i documenti simultaneamente.
A tal proposito Clay Shirky, vice rettore del dipartimento di tecnologia educativa presso la New York University, ha dichiarato che “quello che rende Google Docs speciale rispetto alle news tradizionali è la persistenza unita alla possibilità di modificare i contenuti nel tempo”. Shirky afferma che mentre i social media sono uno strumento ideale per pubblicizzare un movimento, questi si rivelano molto meno efficienti quando si tratta accumulare e organizzare informazioni sulle quali tornare in un secondo momento. Ciò che rende Google Docs particolarmente adatto allo scopo è il fatto che le informazioni che contiene siano al contempo dinamiche e statiche. È possibile visualizzarle e modificarle simultaneamente su un numero infinito di schermi, oltre a poterle condividere con un post o un semplice tweet.
Un altro aspetto fondamentale del successo di Gdocs nel mondo dell’attivismo va ricercato nella maggiore riservatezza che garantisce rispetto ai social media convenzionali: “Nessuno può essere blastato su Google Docs,” ha detto Shirky “Google Docs consente una maggiore partecipazione ad un ampio pubblico che non vuole essere coinvolto in discussioni politiche di fronte a migliaia di persone.”
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Quando nasce l'attivismo su Google Docs
Non è la prima volta che gli attivisti scelgono Google Docs come strumento per le loro campagne preferendolo a Facebook e Twitter.
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Tutto è iniziato con le elezioni statunitensi del 2016, periodo in cui la campagna di disinformazione messa in atto dai concorrenti alla presidenza è arrivata ai suoi massimi storici. Esasperata da ciò che stava accadendo, Melissa Zimdars, studentessa di comunicazione presso il Merrimack College di Boston, ha scelto di usare Gdocs per creare un documento di 34 pagine intitolato “Notizie e fonti false, ingannevoli, “clickbaity” e satiriche”.
Il documento, divenuto incredibilmente popolare in pochissimo tempo, è stato creato per smentire le fake news diffuse durante la campagna elettorale che ha visto contrapporsi l’attuale presidente USA Donald Trump e la candidata democratica Hillary Cinton, allo scopo di aiutare i cittadini a distinguere le informazioni attendibili dalle notizie pilotate. A questo sono seguiti altri documenti politici volti a protestare contro le campagne anti-immigrazione del 2018, divenuti poi popolari grazie al movimento #MeeToo.
Il caso di George Floyd è l’ennesima conferma dell’efficacia di questo mezzo. Non a caso la comunità americana ha utilizzato Google Docs dalla prima ora diffondendo un documento per supportare le vittime di abusi commessi dagli agenti di polizia. L'idea nasce da Carlisa Johnson, una giovane studentessa iscritta alla Georgia State University. La ragazza si era già resa nota per aver raccolto numerose informazioni sul caso Ahmaud Arbery, un giovane afroamericano assassinato lo scorso febbraio da due uomini (padre e figlio) arrestati solo dopo la diffusione del video che li ha incriminati.
Johnson ha dichiarato di aver usato Gdocs fin dal 2014 per condividere notizie e informazioni con i familiari e con la sua rete di contatti, preferendolo a Facebook e Twitter in quanto più acessibile: “Gli hyperlink sono il modo più veloce e semplice di accedere alle informazioni e non possono essere utilizzati su Facebook e Twitter. Quando dici alle persone di contattare i propri rappresentanti per farsi valere, molti non sanno come fare.” Un link diretto su Gdoc è il modo migliore dare l’accesso e diffondere questo tipo di informazioni. Il documento creato dalla ragazza è diventato così popolare da finire sull’account Instagram dell’attore Cole Sprouse ed è poi divenuto oggetto di un tweet dell’attrice Halle Berry.
To those looking to take action but don't know where to start:Here is a comprehensive resource of just about everything you can do to at this time. https://t.co/CcnqTACy2y Do NOT be silent, together we are unstoppable. 🖤#BlackTuesday #BlackLivesMatterJune 3, 2020
L'attivismo prima della privacy
Pur essendosi dimostrato un ottimo mezzo per condividere informazioni, Google Docs non fornisce garanzie in termini di privacy. Per questo motivo, molti attivisti hanno deciso di utilizzare i loro telefoni in modalità offline per evitare la localizzazione e il tracciamento dei dati, oltre a sfruttare delle app che consentono l’invio di messaggi crittografati come l'ormai diffusissima Signal.
Riferendosi ai rischi sulla privacy, Johnson ha dichiarato che si tratta di una preoccupazione comune. Inizialmente la stessa promotrice dell’iniziativa ha deciso di firmarsi come C. Johnson per non essere identificata. In seguito, ha però scelto di inserire il suo nome completo, avendo realizzato il peso politico di una tale iniziativa promossa da una donna afroamericana. “Oltre a me altri vogliono mettersi in gioco, ci sono delle responsabilità che vanno prese” ha detto la Johnson, aggiungendo che "le preoccupazioni per la privacy non possono prevalere sull’attivismo."
Indigo, un altro attivista molto conosciuto per aver diffuso un documento simile subito dopo la morte di George Floyd, ha sottoscritto quanto detto da Johnson: “La minaccia di essere tracciati è concreta, in particolare perché Google non dispone di alcuna crittografia. Per questo ho creato dei documenti di backup e preso tutte le precauzioni del caso.”
A tal proposito Shirky ha aggiunto che è un errore comune pensare che gli attivisti cerchino di nascondersi dallo stato. “Molti di loro sono più preoccupati per la loro causa che della privacy”.
- Fonte: technologyreview.com
Marco Silvestri è un Senior Editor di Techradar Italia dal 2020. Appassionato di fotografia e gaming, ha assemblato il suo primo PC all'età di 12 anni e, da allora, ha sempre seguito con passione l'evoluzione del settore tecnologico. Quando non è impegnato a scrivere guide all'acquisto e notizie per Techradar passa il suo tempo sulla tavola da skate, dietro la lente della sua fotocamera o a scarpinare tra le vette del Gran Sasso.