Il down di Google manda in tilt Android dimostrando la fragilità degli ecosistemi tecnologici

Android
(Immagine:: Shutterstock)

Tutti coloro che fanno affidamento sulla suite Google avranno sicuramente notato il disservizio che nelle ultime ore ha colpito gran parte delle app del gigante dei motori di ricerca. Google Maps, Gmail, Google One, Google Drive, App Store e persino YouTube hanno smesso di funzionare mandando di fatto in blocco gran parte delle attività a essi correlate.

Tra la miriade di servizi e sistemi che, più o meno direttamente, hanno subito le conseguenze del down di Google, il più colpito è senza dubbio Android. Di fatto è Google stessa a produrre Android, la piattaforma più utilizzata sugli smartphone a livello mondiale, come molte delle app che utilizza tra cui Google Foto, Google News e via dicendo. 

Alcune aziende propongono delle alternative proprie alle singole app, mentre altri, come Motorola, Nokia, e Google stessa, usano la versione 'stock' di Android, risultando fortemente vincolati alla suite Google. Ovviamente, con il down di oggi, gli utenti che possiedono uno smartphone con Android stock hanno sofferto maggiormente l'indisponibilità dei servizi.

Android in tilt

I telefoni Android hanno comunque continuato a funzionare, ma senza l'accesso alle app gli utenti hanno dovuto rinunciare a diverse funzioni chiave.

Per esempio, la versione stock di Android usa Google Foto come galleria fotografica predefinita e, nel tempo in cui il servizio è stato indisponibile, gli utenti non hanno potuto vedere le foto salvate sul telefono a meno che non avessero scaricato un'app alternativa o tramite la ricerca manuale nella cartella "File". 

Tra i problemi più invalidanti c'è stato senza dubbio il down dell'app Google Contacts, che per tutta la sua durata ha impedito di accedere ai contatti salvati sul cloud. Anche se siamo nel 2020 e molti usano i social media per tenersi in contatto, l'impossibilità di accedere ai propri contatti può risultare piuttosto problematica, soprattutto in ambito lavorativo.

A questo si aggiunge l'indisponibilità di Gmail, che ha bloccato l'accesso agli account di posta elettronica degli utenti Google per tutta la durata del down.

Non tutte le app Google sono cadute: il motore di ricerca ha continuato a funzionare (anche se limitatamente) e alcuni membri di TechRadar sono riusciti persino a effettuare pagamenti con Google Pay. Detto questo, milioni di utenti in tutto il mondo hanno sperimentato per la prima volta cosa vuol dire rimanere senza servizi Google, anche se per poche ore. 

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Imparare dagli errori

Molte aziende sono completamente dipendenti dalla suite Google, e la loro produttività si è praticamente bloccata durante il down. Una buona parte della popolazione mondiale usa Android (stando alle statistiche il 72%), anche se non sappiamo quanti di questi utilizzino la versione stock. In ogni caso, è probabile che milioni di persone abbiano subito disservizi più o meno gravi per tutta la durata del down.

Quanto è accaduto oggi ha dimostrato la fragilità dell'ecosistema tecnologico sul quale facciamo quotidianamente affidamento, facendo presente al mondo intero che se cade "il Gigante", cadiamo anche noi. 

Qual'è la soluzione? Innanzitutto si potrebbe iniziare facendo pressione sulle autorità competenti in modo che si adoperino per limitare il monopolio digitale delle mega-corporazioni, anche se dubitiamo che questo possa avere effetti immediati.

Più nel concreto, dovremmo iniziare a considerare un piano B con una possibile diversificazione delle app presenti sui nostri smartphone, tablet e PC. Avere un telefono Apple, un tablet Android e un PC Windows, ad esempio, potrebbe essere un modo semplice per non rischiare di rimanere "a piedi" in caso di eventi simili.

In generale sarebbe il caso di valutare seriamente l'utilizzo delle varie app in base alla loro qualità assoluta, più che accontentarsi di ciò che viene offerto da un singolo ecosistema per motivi di praticità, rischiando così di diventare totalmente dipendenti da un unico servizio. Ricordate, più investite in un singolo ecosistema, più rischiate di andare a fondo con lui il giorno in cui cadrà. 

Tom Bedford
Contributor

Tom Bedford was deputy phones editor on TechRadar until late 2022, having worked his way up from staff writer. Though he specialized in phones and tablets, he also took on other tech like electric scooters, smartwatches, fitness, mobile gaming and more. He is based in London, UK and now works for the entertainment site What To Watch.

He graduated in American Literature and Creative Writing from the University of East Anglia. Prior to working on TechRadar, he freelanced in tech, gaming and entertainment, and also spent many years working as a mixologist.

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