ChatGPT sta diventando un'arma nelle mani degli hacker russi
ChatGPT è tanto utile quanto pericoloso
Un gruppo di cybercriminali russi ha tentato di aggirare le restrizioni di ChatGPT in modo da sfruttare il chatbot AI per attività illecite.
Il centro di ricerca Check Point Research (CPR) ha individuato diverse discussioni su forum clandestini russi in cui gli hacker discutevano di vari metodi, tra cui l'utilizzo di carte di credito rubate da usare per pagare gli account utente su OpenAI e l'aggiramento delle restrizioni di geofencing.
Per chi non lo conoscesse, ChatGPT è un chatbot AI che ha fatto notizia per la sua versatilità e facilità d'uso. Già nelle scorse settimane gli esperti di cybersicurezza hanno già segnalato un uso improprio del software da parte di diversi gruppi hacker che lo hanno utilizzato per generare e-mail di phishing credibili e malware.
Muri di carta
Non è così facile abusare del bot bypassando le restrizioni imposte da OpenAI.
Tuttavia per Sergey Shykevich, Threat Intelligence Group Manager di Check Point Software Technologies, i limiti imposti a protezione del software non sono sufficienti:
"Non è così difficile aggirare le misure di restrizione di OpenAI per determinati Paesi in modo da accedere a ChatGPT. In questo momento, stiamo vedendo hacker russi che stanno già discutendo di come superare il geofencing per utilizzare ChatGPT per i loro scopi."
Riteniamo che questi hacker stiano cercando di sfruttare ChatGPT per le loro operazioni criminali quotidiane. Gli hacker sono sempre più interessati a ChatGPT, poiché la tecnologia AI che vi sta dietro può rendererli più efficienti dal punto di vista dei costi", ha dichiarato Shykevich.
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Inoltre, i cybercriminali non si limitano a utilizzare ChatGPT per generare codice malevolo, ma stanno anche creando delle versioni fasulle dell'app per diffondere ogni tipo di malware e rubare soldi. Ad esempio, l'App Store di Apple ha già ospitato un'applicazione che fingeva di essere il chatbot e richiedeva un abbonamento mensile del costo di circa 10 dollari. Altre applicazioni (alcune delle quali sono state trovate anche su Google Play), hanno chiesto fino a 15 dollari per il "servizio".
Le app sono state prontamente rimosse dai rispettivo store, ma solo dopo aver ingannato diversi malcapitati.
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Marco Silvestri è un Senior Editor di Techradar Italia dal 2020. Appassionato di fotografia e gaming, ha assemblato il suo primo PC all'età di 12 anni e, da allora, ha sempre seguito con passione l'evoluzione del settore tecnologico. Quando non è impegnato a scrivere guide all'acquisto e notizie per Techradar passa il suo tempo sulla tavola da skate, dietro la lente della sua fotocamera o a scarpinare tra le vette del Gran Sasso.