Non sei un vero fan Tesla se ti non impianti la chiave sottopelle

Tesla
(Immagine:: Tesla)
  • Di che si tratta? Un uomo si è impiantato un chip per aprire e avviare la propria Tesla
  • Perché è importante? L'integrazione uomo/hardware si fa sempre più concreta.

Dove può arrivare l'amore per la propria auto? Spendere un patrimonio in lavaggi e prodotti per la cura della carrozzeria? Assicurarla con tutte le opzioni possibili e immaginabili? Parcheggiarla ad almeno 2 metri di distanza dalle altre automobili?

Tutte queste sono solo banalità in confronto all'amore che Brandon Dalaly prova per la propria Tesla, un amore talmente grande da convincerlo a farsi impiantare il chip che agisce da chiave di apertura della propria automobile sulla mano, sottopelle.

Il chip è stato fornito da una startup operante nelle biotecnologie, VivoKey, ed è noto come Apex. L'apertura della vettura avviene tramite NFC, mentre il chip stesso appartiene a un gruppo di 100 esemplari, distribuiti ad altrettanti utenti membri di un gruppo beta. L'azienda offre anche un app store, con cui è possibile installare sul chip altre applicazioni, ad esempio per transazioni protette.

Dalaly ha condiviso su Twitter la procedura di innesto del chip, in un video il cui accompagnamento musicale richiama alla mente Cyberpunk 2077.

Sebbene non si tratti di un intervento chirurgico vero e proprio (infatti somiglia più all'inserimento di un piercing microdermal), il video rimane abbastanza impressionante, ma non è certo un caso isolato, quantomeno per Dalaly.

L'uomo, infatti, sull'altra mano, ha un chip che gli consente di aprire l'ingresso di casa propria, inoltre, porta con se, letteralmente, dati sanitari, informazioni sulla vaccinazione e altri documenti. Dalaly spera di riuscire a implementare anche una carta di credito, in futuro.

Il chip sembrerebbe essere 100% biocompatibile, con biopolimeri e biovetri, intorno ai quali il corpo riesce ad adattarsi, senza rigetti. Addirittura, sembra che si illumini al buio.

I risvolti di queste tecnologie potrebbero essere molto interessanti, anche se è comprensibile che qualcuno possa ritenerle ripugnanti. In ogni caso, il tema dell'integrazione tra uomo e hardware è discusso già da tanto tempo, non sempre con risvolti positivi (basta ripassare un attimo la letteratura cyberpunk), ma se gestita bene, questa tecnologia potrebbe avere anche degli impieghi estremamente utili in ambito medico.

Resta da vedere fin dove si spingerà.

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Marco Doria
Senior editor

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