Console più care per colpa delle tasse sui prodotti cinesi

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In un'inusuale dimostrazione di cameratismo, i tre colossi dell'industria videoludica - Nintendo, Sony e Microsoft - si sono uniti per mettere in guardia il governo americano sull'impatto negativo che le tasse proposte avrebbero sull'industria. 

Una lettera di protesta è stata mandata all’Office of the United States Trade Representative, dopo la proposta di aumentare le tasse del 25% sull'importazione di prodotti cinesi.

Questo includerebbe anche la maggior parte dei prodotti tecnologici più famosi, comprese le console prodotte da Sony, Nintendo e Microsoft.

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La lettera spiega che i videogiochi sono una colonna portante della cultura di intrattenimento americana, che in una casa su tre c'è qualcuno che gioca regolarmente, senza contare che il 60% degli americani gioca ogni giorno.

La lettera prosegue affermando che è altamente probabile che un aumento dei prezzi del 25% renderebbe impossibile per molte famiglie americane l'acquisto delle nuova console che arriveranno sotto Natale. I consumatori che decideranno di acquistare ugualmente pagheranno 840 milioni di dollari in più rispetto a quanto avrebbero pagato normalmente.

I tre produttori affermano che più del 96% delle console vendute negli USA nel 2018 erano state prodotte in Cina. Trattandosi di una produzione già di suo particolare e dai margini di manovra ristretti, qualsiasi cambiamento causerebbe un aumento significativo del costo dei prodotti, che ricadrebbe direttamente sulle spalle dei consumatori americani.

I produttori dichiarano di aver scritto la lettera per sottolineare la portata dei danni che queste tariffe causerebbero e come ostacolerebbero la conservazione dell'industria tecnologica negli Stati Uniti.

Il sovrapprezzo sulle console non è l'unico svantaggio che porterebbero le nuove tariffe. Nella lettera viene infatti sostenuto anche che questi cambiamenti metterebbero in pericolo anche la stabilità di migliaia di posti di lavoro ben retribuiti e che l'industria statunitense risentirebbe di un blocco del processo di innovazione. Tutto questo avrebbe un impatto generale altamente negativo sull'economia statunitense.

Il governo degli USA non ha ancora dato una risposta formale alla lettera pubblica.

Harry Domanski
Harry is an Australian Journalist for TechRadar with an ear to the ground for future tech, and the other in front of a vintage amplifier. He likes stories told in charming ways, and content consumed through massive screens. He also likes to get his hands dirty with the ethics of the tech.