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ChatGPT 4.5 supera il test di Turing: il 73% delle persone lo ha scambiato per umano

Double exposure of creative light bulb hologram with human brain on laptop background
Googles nye DeepMind-avdeling er et nytt og spennende trekk i AI-utviklingen. (Immagine:: Shutterstock / Pixels hunter)

L’intelligenza artificiale suona sempre più umana, ma nella maggior parte dei casi è ancora facile riconoscere quando si ha a che fare con un modello di linguaggio. Eppure, le cose stanno cambiando rapidamente: il nuovo GPT-4.5 di OpenAI ha recentemente superato il Test di Turing, riuscendo a ingannare il 73% dei partecipanti in uno studio condotto dall’Università della California, a San Diego. Per capirci: quasi tre persone su quattro hanno pensato di parlare con un essere umano... mentre in realtà stavano chattando con un’IA.

E c’è di più: alcuni veri esseri umani coinvolti nel test sono stati scambiati per chatbot, facendo sembrare GPT-4.5 ancora più credibile al confronto. Un risultato che fa riflettere: o l’intelligenza artificiale è sempre più sofisticata, oppure noi umani siamo sempre più... strani nelle conversazioni online.

Il test consisteva in due conversazioni consecutive, una con una persona reale e una con l’IA. I partecipanti non sapevano chi fosse chi, e al termine dovevano indovinare con chi avevano parlato. Per aumentare le probabilità di successo, a GPT-4.5 è stata assegnata una personalità ben precisa: un giovane introverso, un po’ impacciato ma esperto del web, con un senso dell’umorismo secco e sarcastico. Questo piccolo tocco di umanità ha reso il modello sorprendentemente convincente.

Tuttavia, quando il personaggio è stato rimosso e l’IA è tornata a una “tabula rasa”, i risultati sono crollati: solo il 36% dei partecipanti è stato tratto in inganno. Questo dato ci ricorda una cosa fondamentale: GPT-4.5 non è una mente cosciente. È un algoritmo che interpreta un ruolo. Quando dimentica il copione, torna a essere quello che è davvero: un sofisticato sistema di completamento del testo.

L'intelligenza non è coscienza

La proposta di Alan Turing, secondo cui una macchina in grado di conversare abbastanza bene da essere scambiata per un essere umano potrebbe essere considerata intelligente, è stata dibattuta fin dal 1950. Filosofi e ingegneri hanno riflettuto per decenni sul Test di Turing e sulle sue implicazioni, ma improvvisamente la teoria sembra molto più concreta.

Turing non ha mai equiparato il superamento del test alla prova della coscienza o dell’autoconsapevolezza. Non è questo che il Test di Turing misura davvero. Riuscire a cogliere le sfumature del dialogo umano è un traguardo enorme, e il modo in cui GPT-4.5 ha saputo evocare un’interazione autenticamente umana è impressionante, fino ad arrivare a condividere aneddoti imbarazzanti in modo credibile. Ma se si ritiene che l’intelligenza debba includere riflessione su di sé e connessioni emotive reali, allora non c’è ancora molto di cui preoccuparsi rispetto a una presunta “infiltrazione” dell’IA nell’umanità.

GPT-4.5 non si sente a disagio prima di parlare. Non si interessa se ti ha ingannato. Non è orgoglioso di aver superato il test, perché non sa nemmeno cosa sia un test. “Conosce” le cose solo nel modo in cui un dizionario conosce le definizioni: è una scatola nera di probabilità avvolta in un maglione linguistico rassicurante, progettato per metterti a tuo agio.

Gli stessi ricercatori hanno sottolineato che GPT-4.5 non è cosciente. Sta recitando, non percependo. Ma come ben sappiamo, una buona recitazione può essere potente. Piangiamo guardando i film. Ci affezioniamo a personaggi fittizi. Se un chatbot riesce a simulare un comportamento umano in modo abbastanza convincente, il nostro cervello è più che disposto a completare il resto. Non sorprende quindi che il 25% della Gen Z creda che l’IA sia già consapevole di sé.

Certo, il dibattito resta aperto. Se una macchina parla come una persona, importa davvero se non lo è? E al di là delle implicazioni filosofiche, un’IA capace di ingannare così tante persone può diventare pericolosa se usata in modo scorretto. Cosa succede quando l’operatore del servizio clienti non è un tirocinante stressato in un call center, ma un’IA addestrata per sembrare affabile e convincente, pensata apposta per indurti a pagare un upgrade?

Forse il modo migliore per pensarci, almeno per ora, è quello del cane in giacca e cravatta che cammina su due zampe. Sì, può sembrare un piccolo imprenditore in viaggio verso l’ufficio, ma è solo l’addestramento umano – e la nostra percezione – a dare quell’impressione. Non è un comportamento naturale, e nessuna banca concederà prestiti a un cane a breve. Il trucco è affascinante, certo. Ma resta, appunto, un trucco.

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Nato nel 1995 e cresciuto da due genitori nerd, non poteva che essere orientato fin dalla tenera età verso un mondo fatto di videogiochi e nuove tecnologie. Fin da piccolo ha sempre esplorato computer e gadget di ogni tipo, facendo crescere insieme a lui le sue passioni. Dopo aver completato gli studi, ha lavorato con diverse realtà editoriali, cercando sempre di trasmettere qualcosa in più oltre alla semplice informazione. Amante del cioccolato fondente, continua a esplorare nuove frontiere digitali, mantenendo sempre viva la sua curiosità e la sua dedizione al settore.