Gli studenti usano le AI per copiare? Ovvio! È la Scuola deve cambiare

Young students on campus
(Immagine:: Shutterstock / sebra)

Gli studenti e gli insegnanti delle scuole di New York non hanno più accesso a ChatGPT, lo strumento OpenAI per la generazione di testi, in seguito al timore che possa "segnare la fine dell'inglese nelle scuole superiori". 

Come riportato da Chalkbeat, Jenna Lyle, portavoce del Dipartimento dell'Istruzione di New York, ha dichiarato che "l'impatto negativo sull'apprendimento degli studenti e le preoccupazioni sull'accuratezza e la sicurezza dei contenuti" hanno spinto al divieto.

In parole povere, l'autorità scolastica locale teme che gli studenti utilizzino ChatGPT, un'intelligenza artificiale, per scrivere al posto loro i lavori assegnati. Cosa che, tra l'altro, sta succedendo più o meno in tutto il mondo. Sicuramente se uno studente è già svogliato, uno strumento che gli risparmia la fatica sarà come una festa a sorpresa. 

Ma c'è sempre stato il problema di chi copia, da altri studenti, da libri, da Internet. Il problema delle Intelligenze Artificiali è che per l'insegnante diventa molto difficile, se non impossibile, distinguere un testo generato dalla AI e poi "sistemato" dallo studente. 

Al momento, è doveroso sottolinearlo, un testo 100% generato non potrebbe passare alcun esame - ammesso e non concesso che l'esaminatore sappia ciò che sta facendo, ovviamente. 

forse è più sensato tornare indietro di qualche migliaio di anni, e cominciare a godere della conoscenza e del sapere fini a sé stessi

ChatGPT e la "minaccia" all'istruzione

Gli educatori sono anche preoccupati del rischio che ChatGPT offra agli studenti informazioni non corrette, ma questo potrebbe essere meno problematico rispetto ai possibili contenuti offensivi e razzisti generati dalla AI.

In verità, non c'è molta differenza, visto che un contenuto razzista e offensivo è giocoforza basato su informazioni non corrette.

Anche questo è un timore fondato: chiunque abbia usato ChatGPT per cercare informazioni ha verificato che spesso e volentieri le informazioni fornite non sono del tutto precise, e a volte sono del tutto sbagliate. Sorprende, in effetti, che Microsoft voglia integrare ChatGPT in Bing.  

Su questa base, ha senso che ChatGPT sia filtrato per i contenuti, tuttavia, l'argomentazione secondo cui ChatGPT sta distruggendo da solo le materie umanistiche del liceo, come suggerito da un insegnante su The Atlantic nel dicembre 2022, potrebbe essere quanto meno iperbolica.

A seconda del modo in cui sono trattate le materie umanistiche, in effetti, l'uso di  ChatGPT e simili potrebbe rappresentare qualcosa di significativo. Ma non "la morte" degli studi umanistici. Piuttosto, ChatGPT forse mette a rischio metodi di insegnamento obsoleti, che ancora esistono solo perché nelle università del mondo le cattedre sono sotto il saldo controllo di baroni tradizionalisti e terrorizzati dal cambiameno.  

Affermare che le materie umanistiche in generale, siano minacciate da ChatGPT, infatti, presuppone che esista un solo modo di insegnare queste materie, e sopravvaluta enormemente il valore di certi metodi per gli studenti.

Se gli studenti delle scuole superiori sono così demotivati nei confronti della materia che hanno di fronte da essere spinti a lasciare che siano gli autori AI a fare il lavoro piuttosto che impegnarsi, questo dovrebbe far suonare un campanello d'allarme per gli educatori, non tanto per il fatto che il loro sistema si sta sgretolando, quanto per il fatto che il sistema non è mai stato adeguato

Insegnare significa prima di ogni altra cosa saper motivare, saper trasmettere agli alunni l'amore per la conoscenza. A quel punto, e uno studente vuole imparare, vuole essere bravo/a, non gli passerà nemmeno per la testa di copiare da una AI. Per la semplice ragione che è lui/lei in prima persona a voler migliorare la propria formazione, a voler diventare sempre più bravo in ciò che fa.

Invece, le nostre scuole sono incentrate solo al superamento dell'esame. A tanti studenti, purtroppo, non può fregare di meno di imparare: basta prendere il voto, superare il test nel giorno stabilito. Uno scenario che gli insegnanti accettano, anzi alcuni lo difendono come "il buon modo di fare scuola". E invece è un disastro. E allora è più che comprensibile che colgano ogni occasione per risparmiarsi un po' di fatica.  

Robert Pondiscio, Senior Fellow dell'American Enterprise Institute (AEI). In un recente editoriale ha affermato che lo scopo dell'educazione alle è quello di raggiungere una "competenza linguistica", piuttosto che quello di confrontarsi con la conoscenza. Quindi non "sapere", ma "saper fare il minimo". Secondo lui  la minaccia dell'IA all'istruzione è esagerata, perché l'IA produce lavori che gli studenti non potrebbero mai comprendere appieno, "per non parlare di spacciarli per propri". 

In breve, ritiene che i lavori prodotti dall'IA non siano adatti allo scopo in un contesto educativo. Può sicuramente essere un'opinione interessante, ma non è tanto utile a convincere gli studenti a sforzarsi di più. 

Smetteremo di crogiolarci nella mediocrità, e allontaneremo una scuola fatta di esami senza significato

È il problema di una scuola che forma un lavoratore invece che un cittadino. Una scuola che è una fabbrica di "pezzi di carta", che produce persone indirizzata a posti di lavoro stagnanti e privi di stimoli. Non sembra uno scenario desiderabile, eppure continuiamo a ripeterlo ciecamente, come dei veri folli. 

Nello stesso mese, Peter Greene, un altro insegnante di inglese, ha sostenuto più o meno la stessa cosa su Forbes, suggerendo agli insegnanti di sottoporre i loro compiti a ChatGPT e, se la risposta è un lavoro valido e credibile, il compito dovrebbe essere "perfezionato, rielaborato o semplicemente scartato". 

Questo è sicuramente un punto interessante, su cui ci si dovrebbe soffermare: l'insegnante o il sistema educativo hanno la volontà e le capacità per proporre un percorso di studi che semplicemente non si possa superare con l'aiuto di strumenti esterni? È possibile, o almeno ipotizzabile, inventarsi delle prove di esame che ChatGPT non potrebbe superare, ma un bravo studente invece sì. Personalmente ho qualche dubbio a riguardo. 

Il punto in questione è che il mondo è cambiato, e sta continuando a cambiare molto  rapidamente. La scuola e gli insegnanti devono cambiare di conseguenza, se non altro per non restare drammaticamente indietro rispetto ai loro studenti. Non ci si può abbandonare alla paura dell'IA, perdendo di vista i necessari cambiamenti ai metodi  - che in Italia sono in ritardo di decenni. 

Se gli studenti universitari preferiscono usare l'IA piuttosto che impegnarsi con le loro idee, forse gli istituti di istruzione superiore dovrebbero valutare se offrono qualcosa di veramente valido e motivante. E forse tutti noi dovremmo domandarci se il sistema educativo sia davvero utile, oggi. 

Sì perché sin da bambini ci ripetiamo l'idea che lo sforzo scolastico valga la pena perché poi quando da titolati potremo trovare un lavoro e diventare ricchi. Ecco, tutto quel sistema sta crollando velocemente: anche i lavori più pregiati, compresi medici e avvocati, stanno diventando qualcosa di automatizzabile (sì è vero, gli avvocati AI già esistono). 

E allora, forse, è molto più sensato tornare indietro di qualche migliaio di anni, e cominciare a godere della conoscenza e del sapere fini a sé stessi

Si va a scuola e si impara perché è bello farlo, perché si desidera essere quel tipo di persona che sa le cose, che sa usare la conoscenza per comprendere il mondo e per continuare a imparare ogni giorno. E se poi essere così ci aiuterà a trovare un posto al sole, tanto meglio. 

Quando (non se) ci riusciremo, allora saremo davvero migliori, come società e come specie. Allora avremo imparato quanto è divertente migliorare noi stessi, ogni giorno, per il piacere di farlo. Smetteremo di crogiolarci nella mediocrità, e allontaneremo una scuola fatta di esami senza significato. E allora, solo allora, potremo convivere con le AI senza esserne spaventati. 

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Valerio Porcu

Valerio Porcu è Redattore Capo e Project Manager di Techradar Italia. È da sempre ossessionato dai gadget e dagli oggetti tecnologici che cambiano la nostra vita quotidiana, e dai primi anni 2000 ha deciso di raccontarla. Oggi è un giornalista con anni di esperienza nel settore tecnologico, e ha ancora la voglia di trovare le chiavi di lettura giuste, per capire davvero in che modo la tecnologia può rendere migliore la nostra vita quotidiana.

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