Iran-Stati Uniti, il conflitto potrebbe passare anche da attacchi informatici

(Immagine:: FireEye)

La risposta dell’Iran all’uccisione del generale Qassem Suleimani potrebbe arrivare anche da attacchi alle infrastrutture digitali. Lo sostengono alcuni esperti di sicurezza informatica che hanno parlato con i colleghi di TechRadar Middle East dei potenziali rischi informatici legati alle ostilità tra i due paesi.

I primi segnali in questo senso sembrano esserci già stati. Alcuni hacker iraniani, già poche ore dopo l’uccisione di Suleimani, avevano rivendicato il defacing (sostituzione illecita della homepage) dei siti della Sierra Leone Commercial Banks e dell’US Federal Depository Library Program. I due portali erano stati messi offline non appena era stato rilevato l’attacco.

In termini tecnici si chiamano Advanced Persistent Threat (APT), definizione che riguarda gruppi strutturati e specializzati in attacchi informatici per ragioni economiche e finanziarie e molto spesso supportati da governi locali. 

Al di là di quanto accaduto negli anni scorsi, secondo Shepherd oggi il quadro è molto cambiato: «Sappiamo che oggi la loro capacità di portare avanti attacchi realmente dannosi è molto limitata e dopo gli episodi dal 2012 in poi che hanno coinvolto Shanmoon non abbiamo visto altri attacchi su larga scala dello stesso tipo».

Shepherd spiega che l’Iran ha continuato a sviluppare nuove armi informatiche (Deadwood, Shapeshift e ZeroClear) che però avrebbero apportato solo miglioramenti marginali alle capacità offensive degli hacker, mentre nel frattempo governi e aziende private hanno preso provvedimenti per rafforzare le proprie difese in tema di sicurezza informatica.

Ad ogni modo, anche nel corso del 2019, gli attacchi informatici da parte dell’Iran sono andati avanti anche in seguito alle nuove sanzioni introdotte nel novembre 2018 dagli Stati Uniti nonostante fosse ancora valido il Piano d’azione congiunto globale (PACG) conosciuto comunemnete come l’accordo sul nucleare iraniano, che era stato firmato nel 2015.

«Possiamo aspettarci una risposta sicuramente dura anche sul piano degli attachi informatici per l’uccisione di Suleimani - ha aggiunto Shepherd - Non è escluso dunque che con un Iran che intende rispondere in tutti i modi possibili, possano verificarsi anche cyberattacchi mirati principalmente nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi alleati in Medio Oriente».

Il conflitto informatico però potrebbe passare non solo da semplici attacchi diretti ma anche da attività di spionaggio. «Potremmo assistere anche un aumento delle attività su questo fronte con gli hacker iraniani che cercano di ottenere dati di intelligence e avere una più chiara visione delle dinamiche geopolitiche» aggiunge il responsabile per il Medio Oriente e l’Africa di Mandiant. Non è escluso, secondo Shepherd, che gli hacker possano mirare a creare ampie reti di falsi siti di notizie per amplificare la propaganda pro-Iran a livello mondiale e screditare i propri avversari, primo fra tutti gli Stati Uniti.

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